Ammainata la bandiera a stelle e strisce, gli americani lasciano l”Iraq dopo quasi nove anni di occupazione e di crimini impuniti. Con la loro partenza svanisce qualsiasi possibilità di fare giustizia anche sui massacri più efferati commessi in questi anni e l”ex presidente Usa George W. Bush non dovrà mai rispondere davanti a un tribunale internazionale. Non ne avevamo mai dubitato, e non solo perché sia gli Usa che l”Iraq non riconoscono il tribunale internazionale.
Con l”uscita di scena degli americani sarebbe calato l”oblio anche su un fatto raccapricciante, accaduto ad Hadhita il 19 novembre del 2005, se, per ironia della sorte, proprio mentre i marines sbaraccavano, non fossero riemersi da una discarica alla periferia di Baghdad i documenti con le testimonianze degli stessi marines, segretati dai militari e rivelati dal New York Times. A Hadhita, una cittadina sull”Eufrate, furono massacrati dai marines 24 iracheni, tra cui un uomo di 76 anni su una sedia a rotelle, donne e bambini. I documenti venivano usati per accendere il fuoco dal guardiano della discarica. Se a Baghdad non mancasse ancora l”elettricità e il gas, forse sarebbero marciti con i rifiuti. Tuttavia aver ritrovato 400 pagine dei faldoni finiti nelle mani dei contractor non basterà a riaprire il caso. Del resto tutti gli americani hanno seguito la “consuetudine dello zaino” usata anche dalla giustizia italiana per evitare il processo a Mario Lozano per l”uccisione di Nicola Calipari.
Effetti collaterali. Del resto più di 20 corpi trovati decapitati non avevano preoccupato Steve Johnson, all”epoca comandante delle forze armate Usa nella regione di al Anbar, «succedeva spesso» in Iraq. Come succedeva spesso che i marines immortalassero i loro trofei anche se i comandanti poi li invitavano a distruggerli.
Centinaia di migliaia di vittime irachene (non si saprà mai esattamente quante) contro 4.483 militari americani uccisi. Forse gli unici a poter festeggiare il ritiro Usa sono proprio i soldati che non dovranno ripetere esperienze che, anche per loro, sono state devastanti. Effetti collaterali e stress post traumatici hanno bruciato generazioni, in Iraq e negli Stati uniti. I soldati rientrati dall”Iraq sono stati accolti a Fort Bragg dal presidente statunitense Obama, che aveva promesso il ritiro durante la campagna elettorale e che almeno può vantarsi di aver votato contro la guerra voluta da Bush.
Gli iracheni non rimpiangeranno gli americani che hanno distrutto il paese ma non hanno molto da festeggiare, non basta la partenza delle truppe Usa (resteranno militari per addestramento e un”imponente ambasciata protetta da contractor) per recuperare la propria sovranità (vista l”influenza iraniana) e le proprie ricchezze (già nelle mani delle multinazionali).
Il lascito Usa è pesante per gli iracheni: un paese da ricostruire, mancanza di servizi, ferite da rimarginare e una nuova dittatura al potere. Così definiscono il regime i ragazzi di piazza Tahrir, quella di Baghdad, che si riempie di uomini e donne come al Cairo per chiedere lavoro, giustizia, dignità, libertà, democrazia.’