C’è chi ha sempre sostenuto che la soluzione del conflitto afghano passava attraverso un accordo con i taleban: la pace si tratta con i nemici. Con i nemici si tratta una tregua, la pace è più complicata e impegnativa e richiede anche un’intesa politica. Gli Usa hanno tentato più volte l’accordo con i seguaci di mullah Omar e ora sembra sia stato raggiunto, anche perché gli studenti coranici ora controllano nuovamente buona parte del paese.
E non dimentichiamo che gli Usa, insieme all’Arabia saudita e al Pakistan sono stati gli sponsor dei taleban fin dall’inizio. L’accordo si basa sull’impegno a ritirare tutte le truppe straniere dal paese in cambio di quello talebano a impedire che gruppi jihadisti dell’Isis o di al Qaeda facciano dell’Afghanistan la loro roccaforte, dopo essere stati cacciati (anche se non completamente) da Siria e Iraq.
Combattere l’Isis e al Qaeda – che hanno cercato di contendere con le armi il monopolio del jihadismo ai taleban – è già nell’agenda degli studenti coranici quindi anche questa volta gli obiettivi Usa e talebani coincidono, questo li rende persino credibili. Tanto credibili da immaginare che un loro ritorno al potere – perché l’accordo riproporrà inevitabilmente anche questo, sebbene il governo afghano sia stato finora escluso dalle trattative – riproporrebbe in qualche modo quel regime oscurantista e misogino che è stato abbattuto con l’intervento internazionale nel 2001.
Allora tra gli obiettivi dell’intervento militare si disse, ipocritamente, che vi era la liberazione delle donne dal burqa. Non furono gli eserciti occidentali a liberare le donne però ora saranno ancora loro a pagare il prezzo più alto dell’accordo con i taleban.
Quando si considerano i taleban la faccia più presentabile dell’estremismo islamico non si calcola la violenza subita dalle donne, non parliamo poi della democrazia. Ma si sa che alcuni popoli sembrano «destinati» ad essere soggiogati dalle grandi potenze direttamente o per procura.
Forse entro il 2019 le truppe internazionali lasceranno l’Afghanistan – dove l’Italia ha perso 54 vite e ha speso oltre 6,5 miliardi – e tutto ricomincerà da capo con i taleban, proprio come era iniziato.
il manifesto 30 gennaio 2019