La conferma dell’acquisto da parte dell’Italia dei 90 cacciabombardieri F35 è arrivata prima dall’amministrazione americana, il 28 marzo, e solo dopo dalla ministra della Difesa Roberta Pinotti. Era stato Renzi a promettere una riduzione del numero dei famigerati F35, ma la visita di Obama ha cancellato tutti i buoni propositi, nonostante la Commissione incaricata di indagare sui cacciabombardieri non avesse ancora presentato la propria relazione al parlamento. L’Italia dimostra ancora una volta di rinunciare alla propria sovranità in nome della ragion di stato: i buoni rapporti con gli Stati uniti.
Gli F35 sono modelli che non funzionano, l’hanno dimostrato numerose inchieste soprattutto Usa, e alla spesa per l’acquisto – 14 miliardi di euro – si aggiungeranno altri – molti – miliardi per la manutenzione. Ma a parte l’ingente spesa, che in tempo di crisi e austerità sarebbe meglio dirottare su altre necessità impellenti per il paese, il fatto grave è che l’acquisto di cacciabombardieri è funzionale a una strategia militare aggressiva, non di difesa, che va contro l’articolo 11 della Costituzione italiana che ripudia la guerra nella risoluzione dei conflitti.
L’acquisto di questi aerei, che porteranno armi nucleari, si inserisce in una corsa al riarmo funzionale alla Nato che cerca di riscattarsi su altri scenari dopo il fallimento dell’intervento in Afghanistan.
La coincidenza di questa nuova accelerazione nella corsa al riarmo con gli ultimi avvenimenti in Ucraina desta particolare preoccupazione. Le scelte di Putin e le reazioni occidentali non sembrano privilegiare il dialogo. Sembra di essere tornati ai tempi della guerra fredda.
Lady Ashton si è improvvisamente risvegliata dal torpore che ha caratterizzato la sua politica estera per appoggiare il governo (con componenti neofasciste) di Kiev: un altro segnale della scarsa lungimiranza dell’Unione europea. Non solo perché promettere aiuti all’Ucraina dopo aver affamato il popolo greco è paradossale, ma anche perché sarà l’Europa a pagare il prezzo più salato se si arriverà alla sospensione delle forniture di gas russo che passa attraverso i gasdotti in Ucraina. Una scelta che risponde solo agli interessi statunitensi di rifornire l’Europa con il suo gas di scisto (contro la cui produzione si battono gli ecologisti per il danno ambientale che produce), cosa prevista a partire dal 2015. Il nostro governo assicura che non avremo problemi di rifornimenti energetici nel frattempo.
E poi gli Usa potranno godere dei vantaggi loro concessi dall’approvazione del Ttip (Transatlantic trade and investment partnership). Insomma, urge un radicale rovesciamento della politica estera e di difesa europea: quello che si propone di fare la Lista Tsipras per un’altra Europa.