Referendum per una nuova costituzione. L'hirak boicotta | Giuliana Sgrena
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Referendum per una nuova costituzione. L'hirak boicotta

Oggi 25 milioni di algerini chiamati alle urne per avallare la nuova costituzione che rafforza il vecchio sistema ignorando le rivendicazioni del movimento di protesta. Il presidente Tebboune ricoverato in Germania.

Referendum per una nuova costituzione. L'hirak boicotta
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Giuliana Sgrena Modifica articolo

1 Novembre 2020 - 16.48


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Ogni presidente algerino vuole una costituzione su misura e non poteva essere da meno Abdelmajid Tebboune, eletto, tra le contestazioni, presidente il 12 dicembre scorso.

25 milioni di algerini sono chiamati oggi alle urne per avallare la nuova costituzione con un referendum, indetto, non a caso il 1° novembre, data storica che segna l’inizio della guerra di liberazione. Una costituzione che, secondo i promotori, dovrebbe segnare il punto di partenza del cambiamento. Che però non recepisce le richieste del movimento che ha mobilitato milioni di algerini dal 22 febbraio 2019 per 13 mesi – gli organizzatori hanno sospeso le manifestazioni per il Covid – e che il presidente aveva definito «hirak benedetto». Il regime, invece, ha approfittato del virus per colpire con il carcere e pesanti condanne diversi esponenti del movimento, compresi i giornalisti che lo seguivano. E in piena recrudescenza della pandemia chiama gli algerini alle urne. Una pandemia che potrebbe aver colpito lo stesso presidente, anche se i comunicati della presidenza sono molto reticenti. Una settimana fa Tebboune si era messo in autoisolamento, poi era stato ricoverato all’ospedale Ain Naadja di Algeri e mercoledì scorso trasferito in Germania, dove si trova tuttora. Salvo colpi di scena non potrà partecipare al referendum come ha dovuto rinunciare all’inaugurazione della grande moschea fatta costruire da Bouteflika, la più grande d’Africa, avvenuta mercoledì scorso in occasione del mawlid (nascita di Maometto).

Della revisione del testo è stato incaricato Ahmed Laraba che aveva già proposto cambiamenti simili a Bouteflika e all’allora premier Ouyahia, ora in carcere, ma la discussione era stata rimandata a dopo la rielezione per il quinto mandato del presidente costretto però a dimettersi dall’hirak. Non è quindi un caso che la sua approvazione dipenda dallo «zoccolo duro» che aveva sostenuto Bouteflika.

Il virus non ha favorito la campagna elettorale, anche se negli ultimi giorni sono scesi in campo tutti i ministri, premier compreso. Lo spazio era riservato ai sostenitori del «sì» (i partiti di governo Fln e Rnd, gli islamisti Taj, El Islah e el Bina, e il sindacato Ugta), esclusi quelli del «no» (gli islamisti del Msp). Nessuno spazio per i fautori del boicottaggio: i partiti del Pad (Patto per l’alternativa democratica) che sostengono l’hirak, e tutte le componenti del movimento.

La ragione del boicottaggio è innanzitutto nel metodo: far calare dall’alto una riforma che pretende essere la base della «nuova Algeria» ignorando tutte le richieste delle forze che vogliono un cambiamento radicale: una transizione democratica indipendente preposta allo smantellamento del sistema autoritario e l’elezione di una assemblea costituente per la nascita di uno stato di diritto. Uno stato basato sulla separazione dei poteri che confligge con il sistema iperpresidenziale voluto da Tebboune, che ricoprirebbe anche la carica di ministro della difesa e di presidente del Consiglio superiore della magistratura di cui nomina sei membri.

In un appello firmato da cento personalità berbere viene ribadito il boicottaggio in Cabilia. Nonostante la costituzione riconosca l’identità e la lingua amazighe, durante le manifestazioni venivano arrestati i militanti che portavano una bandiera berbera, sottolinea l’appello. I berberi ribadiscono alcuni principi fondamentali: il primato della politica sul militare (uno slogan dell’hirak è: stato civile non militare), separazione della politica dalla religione.  Per Caman (un collettivo parte dell’hirak) l’unica novità è quella che prevede l’intervento dell’esercito algerino fuori dai confini, sconvolgendo la dottrina della difesa nazionale e della non ingerenza nei conflitti militari. 

Nell’immediato le forze di opposizione chiedono la liberazione dei detenuti politici e d’opinione.

L’unica incognita del voto di oggi resta la partecipazione, ammesso che i dati rispecchino la realtà.

il manifesto 1 novembre 2020

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