Marò italiani: la mia risposta a insulti e minacce | Giuliana Sgrena
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Marò italiani: la mia risposta a insulti e minacce

Non temo le minacce, nemmeno le più estreme, ma mi spaventa l''imbarbarimento di parte delle forze che dovrebbero garantire la sicurezza del paese.'

Marò italiani: la mia risposta a insulti e minacce
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9 Marzo 2012 - 17.21


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L’8 marzo è tornato ad avere un significato anche per me che di solito lo celebro solo quando sono nei paesi dove le donne vivono ancora una situazione di oppressione medioevale. Non che da noi non ci siano motivi per lottare, ma è compito di ogni giorno e le ricorrenze perdono di significato.

Quest’anno è però coinciso con l’accentuarsi di attacchi violentissimi nei miei confronti perché ho osato scrivere quello che pensavo sull’atteggiamento italiano nei confronti dei due marò detenuti in India con l’accusa di aver ucciso due pescatori. Attacchi e minacce, con un linguaggio da caserma, intriso di maschilismo.

Sulla vicenda. Nessuno sembra preoccuparsi della fine dei due indiani – chi li ha uccisi? – ma solo della sorte dei due militari italiani. L’Italia invoca il proprio diritto di giurisdizione – cosa che non ha fatto in altri casi, quando di fronte si trovava gli Stati uniti: Cermis, Calipari… -, l’India il suo. Il dibattito è in corso nell’Alta corte indiana mentre la polizia scientifica procede agli esami balistici per verificare chi ha ucciso i marinai. In una settimana sapremo il risultato.

I nostri rappresentanti sul posto hanno atteggiamenti molto più pacati dei politici di casa nostra che aizzano l’opinione pubblica in nome del patriottismo. Soprattutto a scatenarsi contro le mie opinioni – a parte i soliti Libero e Giornale – sono i marò, o sedicenti tali, su questo sito e su Facebook. Non mi fanno paura le minacce, nemmeno quelle più estreme, ma mi spaventa l’imbarbarimento di questo paese. Il fatto che se esprimi una tua opinione vieni minacciato e non da qualche “balordo” ma da quelle forze dello stato che dovrebbero garantire la sicurezza del nostro paese. Questo sì è spaventoso.

Io sono pacifista ma questo non mi ha impedito di avere spesso rapporti con i militari viaggiando per lavoro in paesi in guerra dove erano presenti le nostre truppe. Ho cenato con un generale dei parà esprimendo liberamente le mie opinioni, che non collimavano certo con le sue. Sono stata minacciata da incursori di minor rango solo per le mie idee, era qualcuno particolarmente focoso, altri dello stesso corpo invece erano gentili con me. Era tanto tempo fa in Somalia. Poi c’è stato l’Afghanistan, l’Iraq.

Sempre in qualche modo c’è stato un rapporto professionale con i militari anche se non sono mai stata embedded.

Infine, i servizi segreti. Con il mio sequestro abbiamo scoperto, non solo io, che nei servizi segreti c’erano persone per bene e straordinarie (per la capacità e per l’umanità) come Nicola Calipari e tutta la sua squadra. Ma non tutti gli agenti del Sismi erano e sono come Nicola.

E paradossalmente sarà perchè era l’8 marzo e tutte le donne erano distratte dalla ricorrenza, ma la solidarietà mi è arrivata quasi solo da uomini.

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