Egitto, tra caos e stabilità | Giuliana Sgrena
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Egitto, tra caos e stabilità

Delinquenza e islamisti minano la rivoluzione

Egitto, tra caos e stabilità
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24 Maggio 2011 - 11.52


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Arrivare a piazza Tahrir al Cairo e non vedere una donna senza velo è uno choc. Non perché non ci siano donne rivoluzionarie velate, ma le immagini che avevamo visto alla televisione, nei giorni più accesi della rivolta, mostravano donne in prima fila, con e senza velo. Questo è solo un segno della difficoltà che sta vivendo l”Egitto nella transizione “tra caos e stabilità”, come titolava il settimanale di al Ahram.
Innanzitutto si vive uno stato di grande insicurezza, molti i posti di blocco rimasti senza nessun controllo e anche quelli che ci sono non servono da deterrente. Eppure la transizione affidata a un Consiglio militare lascerebbe supporre un eccesso di autoritarismo piuttosto che di lassismo. Evidentemente tra le forze dell”ordine vi è chi rema contro e non vuole spianare la strada al dopo-Mubarak, quindi non fa nulla per bloccare la “baltaga”. Un termine diventato corrente nel linguaggio egiziano. Che cosa significa “baltaga”? L”uso della violenza, delinquenza, molestie, comprese quelle sessuali diffuse dopo la rivoluzione del 25 gennaio. Una conseguenza della rivoluzione? No, “è un risultato normale dell”oppressione che i cittadini hanno vissuto negli ultimi 30 anni”, secondo lo psicologo Mustapha Tolba. E poi non è nemmeno un fenomeno nuovo in Egitto anche se ora ha assunto dimensioni preoccupanti.
Dopo decenni di dittatura occorre un apprendimento dell”esercizio della democrazia. Un problema che si è posto anche in Tunisia, dove però fin dalla caduta di Ben Ali si sono formati comitati di cittadini per la salvaguardia della rivoluzione che hanno assunto anche il controllo del territorio. Ma il processo di democratizzazione in Tunisia, pur con molti ostacoli, è più avanzato di quello egiziano. L”Egitto è un paese molto più popolato e con problemi più gravi, la cui evoluzione determinerà cambiamenti nell”area, soprattutto potrebbero cambiare – e sta già cambiando – il rapporto con Israele. In Egitto, contrariamente a quanto avviene in altri paesi in rivoluzione, vi è una grande mobilitazione della piazza a favore dei palestinesi.
Tornando ai problemi vi è quello economico: la fine del regime ha comportato una paralisi economica, innanzitutto si è bloccato il turismo, una delle più importanti entrate del paese. Nonostante gli impegni anche gli aiuti occidentali restano promesse. La mancanza di risultati portano a delusioni tra i giovani che pur essendo i principali fautori della rivoluzione per ora non vedono soddisfatte le proprie aspirazioni. Anzi.
E poi vi è l”islamismo che pur essendo rimasto fuori dalla rivoluzione ora sta cercando di occupare spazi alleandosi con i militari. L”accordo con i Fratelli musulmani ha permesso al Consiglio militare di far passare con il referendum gli emendamenti alla costituzione, cui si sono opposte le forze della sinistra perchè costituiscono un cambiamento di facciata ma non di sostanza.
E dietro il pragmatismo dei Fratelli musulmani si nascondo diverse anime islamiste che arrivano fino agli ultraconservatori salafiti. Questo probabilmente spiega la diffusione del velo.

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