La collera del nuovo Iraq | Giuliana Sgrena
Top

La collera del nuovo Iraq

Occupata la piazza Tahrir

La collera del nuovo Iraq
Preroll

Redazione Modifica articolo

26 Febbraio 2011 - 11.52


ATF

A Baghdad e in altre città del paese la giornata della collera finisce in massacro: le autorità rispondono sparando sulla folla di manifestanti – tra loro anche Sadr – che chiedono cibo, lavoro e acqua corrente: nove morti.
Pesante il bilancio della «giornata della collera» indetta ieri in Iraq sull”onda delle proteste in corso in tutto il mondo arabo: almeno nove morti, tre a al Hawija, 240 chilometri a nord di Baghad e altri tre a Mosul, sempre a nord e tre in altre località del paese, decine i feriti. La collera irachena è diretta contro la mancanza di servizi, la disoccupazione e contro la corruzione del potere.
Migliaia di persone sono scese in piazza a Baghdad per occupare la loro piazza Tahrir, nonostante l”imponente schieramento delle forze di sicurezza, che avevano eretto blocchi sul ponte Jumuriya che porta alla piazza della Liberazione. Gli agenti mobilitati erano decine di migliaia, mentre era stato vietato l”accesso alle auto nel centro della capitale irachena. Ma i manifestanti non hanno rinunciato alla protesta e hanno lanciato sassi contro le forze dell”ordine.
Il premier Nuri al Maliki, al suo secondo mandato dall”ottobre scorso, ha accusato i manifestanti di essere pro-Saddam o di essere al servizio del terrorismo di al Qaeda, ma i manifestanti, che portavano bandiere irachene, hanno sconfessato la visione del premier. I manifestanti di Baghdad hanno respinto qualsiasi appartenenza ideologica sostenendo che non vogliono una rivoluzione, ma semplicemente riforme per migliorare le loro condizioni di vita e per dare un futuro ai giovani. A otto anni dall”invasione anglo-americana dell”Iraq (George W. Bush e Tony Blair avevano promesso democrazia e sviluppo) nel paese mancano infatti ancora i servizi essenziali: elettricità, acqua, alimenti, assistenza sanitaria.
Manifestanti sono scesi in piazza per le stesse rivendicazioni in tutto il paese, da Mosul a Bassora (dove 4.000 persone hanno bloccato il governatorato), passando per Kirkuk e Falluja.
La protesta avrebbe provocato le dimissioni del governatore di Bassora, richieste dal premier al Maliki. Presi di mira gli edifici delle amministrazioni comunali, i tentativi di occupazione tuttavia sono stati impediti dalle forze dell”ordine che hanno sparato sulla folla sia a Mosul (dove la sede del consiglio è stata data alle fiamme) che ad al Hawija (vicino a Kirkuk). Gli scontri sono stati estremamente violenti soprattutto al di fuori della capitale, dove le forze dell”ordine hanno reagito alla protesta con le armi. Nella provincia di Anbar sarebbero stati arrestati alcuni manifestanti accusati di aver appartenuto all”ex partito Baath. Alla vigilia della manifestazione le forze dell”ordine avevano minacciato che non avrebbero tollerato nessuno slogan a favore del deposto regime, ma a quanto pare non sono stati necessari simili slogan per provocare la reazione della polizia e dei miliari.
La reazione pesantemente repressiva del governo tuttavia non sembra aver indotto gli iracheni a un ripensamento, continueranno a manifestare, hanno detto in molti, finché non otterranno migliori condizioni di vita.
Per la giornata della collera era rientrato in Iraq anche il leader radicale sciita Muqtada al Sadr, che da tre anni vive in Iran, a Qom, per studi religioni, e ha guidato la preghiera a Kufa, vicino a Najaf. Il leader sciita alla vigilia della manifestazione aveva detto che pur sostenendo le rivendicazioni della protesta tuttavia non condivideva l”idea di scendere in piazza perché occorre dare al governo (che lui appoggia) una tregua di sei mesi per avviare le riforme che portino a un miglioramento delle condizioni di vita.
La protesta che sta sconvolgendo i regimi dittatoriali arabi non poteva non giungere in Iraq, dove i motivi della protesta non mancano, ma forse occorreva questa miccia per innescare la rivolta che, pur avendo dei precedenti, ora si sta allargando a macchia d”olio. Nonostante il premier al Maliki sembri voler ignorare le ragioni della rivolta tuttavia non potrà sostenere a lungo le accuse di legami tra le masse di manifestanti e al Qaeda o Saddam Hussein. Si tratta infatti soltanto di pretesti logori che non hanno funzionato in altri paesi e difficilmente potrebbero funzionare per l”Iraq.
E in questo senso potrebbe non essere un caso l”annuncio, arrivato proprio nel giorno delle grandi proteste contro il governo, che le forze di sicurezza irachene hanno ucciso Nasruddinallah Suleiman, considerato il leader di al-Qaeda in Iraq, suo «ministro della guerra» e numero due del cosiddetto Stato islamico iracheno. Suleiman sarebbe stato il braccio destro dell”emiro dello Stato islamico, Abu Bakr al-Baghdadi.
Il leader qaedista sarebbe stato ucciso in un blitz portato a termine dai militari nella parte occidentale della provincia di al-Anbar, roccaforte sunnita con forte presenza islamista.

Native

Articoli correlati