L’Algeria non si ferma, la protesta contro il quinto mandato presidenziale di Abdelaziz Bouteflika continua in tutto il paese. Dopo le manifestazioni oceaniche di venerdì scorso, ieri è toccato agli studenti riempire di nuovo le strade. Ma già domenica sera, dopo che Abdelghani Zaalane, nuovo capo della campagna elettorale di Bouteflika, aveva depositato il dossier per la candidatura del presidente presso il Consiglio costituzionale – la conferma che il regime è rimasto sordo alle richieste degli algerini – la protesta era riesplosa in molte piazze.
Nemmeno le parole di Bouteflika, che è ancora ricoverato in un ospedale di Ginevra, hanno riportato la calma. In una lettera letta in tv al telegiornale delle 19 – subito dopo la giornalista incaricata di leggerla, Nadia Madassi, si sarebbe dimessa per il disagio provato –, il presidente cercava di calmare gli animi: «Ho ascoltato e capito le grida accorate dei manifestanti e in particolare delle migliaia di giovani…».
Si nota un cambiamento di tono rispetto al messaggio del 24 febbraio in cui non si faceva nessun riferimento alle proteste: «Ho il dovere e la volontà di lenire i cuori e gli spiriti dei miei compatrioti», è scritto nella lettera. Difficile immaginare come possa riuscirci una persona di 82 anni, malata, che non compare in pubblico da anni, dopo essere stata colpita da ictus nel 2013. E soprattutto non si capisce perché non abbia mantenuto le promesse di cambiamento nei suoi vent’anni alla presidenza.
ORA NELLA LETTERA Bouteflika promette: una conferenza nazionale indipendente, senza esclusi, incaricata di elaborare riforme politiche economiche e sociali; l’impegno a organizzare elezioni presidenziali anticipate – la cui data sarà decisa dalla conferenza – in cui «mi impegno a non candidarmi». Infine Bouteflika parla di una «nuova costituzione che sarà sottoposta all’approvazione del popolo con referendum».
La nuova costituzione dovrà «consacrare la nascita di una nuova repubblica e un nuovo sistema algerino», si legge nel messaggio attribuito a Bouteflika. Attribuito perché sono in molti a dubitare sulla sua autenticità, come Ahmed Benflis, capo del governo dal 2000 al 2003, che ha aderito alle proteste e ha deciso di non candidarsi alle presidenziali.
TROPPO TARDI E TROPPO POCO per soddisfare le richieste di libertà e democrazia del popolo algerino, che non vuole più essere leso nella propria dignità e chiede una rottura con il sistema: «Systéme dégage».
L’ostentazione con cui è stata presentata la candidatura – con otto furgoni che sarebbero stati pieni di 6 milioni di firme a sostegno di Bouteflika candidato, mentre la legge ne chiedeva solo 60.000 – è un segno di arroganza che già prefigura il risultato elettorale. E la candidatura è stata presentata violando la legge che vorrebbe, per ammissione di Abdelwahab Derbal, presidente dell’Alta istanza indipendente di sorveglianza delle elezioni (Hiise), che fosse il candidato a presentarsi con i documenti richiesti. Il regolamento pubblicato dall’agenzia Aps è stato cambiato all’ultimo momento, nella giornata di venerdì, con una ripubblicazione del testo che omette proprio l’obbligo da parte dell’aspirante presidente di presentare personalmente la propria candidatura.
SODDISFATTI DELLA LETTERA di Bouteflika si sono detti i due maggiori partiti di governo, l’ex partito unico Fronte di liberazione nazionale (Fln) e il Raggruppamento nazionale democratico (Rnd). «Un insulto di troppo all’intelligenza collettiva del popolo algerino» l’ha invece definita un comunicato del Raggruppamento per la cultura e la democrazia (Rcd).
A giudicare dalle reazioni di piazza non sembra che il «movimento 22 febbraio» sia disposto a fidarsi e ad accontentarsi delle promesse. Sembra fin troppo chiaro l’ennesimo tentativo di operare un cambiamento nella continuità e prendere tempo per trovare un successore di Bouteflika. La “road map” proposta non sembra affrontare i temi centrali: la corruzione, l’accumulazione della rendita nelle mani di pochi e la scelta di contare esclusivamente sulle risorse prodotte dalla vendita degli idrocarburi, che lascia il paese in balia dei prezzi del petrolio.
ORA IL CONSIGLIO costituzionale ha dieci giorni per confermare o meno le 15 candidature presentate, tra le quali, oltre a Bouteflika, vi è il generale in pensione Ali Ghederi, indipendente, e Rachid Nekkaz, meccanico, lanciato sulla scena politica con un coup de théâtre da un omonimo «cugino», miliardario, nato in Francia da genitori algerini che anni fa ha rinunciato alla nazionalità francese per presentarsi alle presidenziali in Algeria nel 2014. Ha invece rinunciato alla candidatura Abderrazak Makri del Movimento per la società e la pace, islamista.
NESSUN PARTITO della sinistra parteciperà al voto, Rcd e il Fronte delle forze socialiste (Ffs) avevano già annunciato il boicottaggio, a essi si è aggiunto anche il Partito dei lavoratori (Pt).
Intanto si vedono le prime crepe fra i sostenitori del presidente Bouteflika: ieri si è dimesso da deputato e dal partito Fln Sid Ahmed Ferroukhi, ex ministro dell’Agricoltura, e anche nel sindacato Ugta ci sono settori che aderiscono alle proteste di piazza.