Il mio impegno per L''altra Europa con Tsipras' | Giuliana Sgrena
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Il mio impegno per L''altra Europa con Tsipras'

Il 25 maggio si vota per il parlamento europeo. L''altra Europa con Tsipras è l''alternativa di sinistra all''austerità e ai nazionalismi.'

Il mio impegno per L''altra Europa con Tsipras'
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14 Maggio 2014 - 17.18


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Perché mi candido/La mia storia

Ho trascorso la mia vita di giornalista e militante pacifista attraversando e raccontando i luoghi di conflitto e di guerra.
In Africa, in medio oriente, in Asia, ovunque ho trovato partiti, associazioni e soprattutto donne che chiedevano di essere ascoltati e aiutati nella loro lotta contro le tirannie e le guerre.

Visitando questi paesi, soprattutto Iraq e Afghanistan, distrutti dalle “guerre umanitarie” sono sempre stata dalla parte dei più deboli, di coloro che non avevano voce e rifiutavano la logica della violenza e della guerra.
A tutti loro mancava un riferimento certo, un appoggio politico che poteva essere dato dall’Europa, ma che l’Europa non ha saputo e voluto dare, anzi si è spesso accodata alle aggressioni americane.

Questo è stato e sarà il mio principale impegno.

Rovesciare la politica economica dell’Europa, rinegoziare il fiscal compact

Non ci si può rassegnare alla scelta tra questa Europa del fiscal compact o fuori dall’Europa: un’alternativa è possibile. I dieci punti della Lista Tsipras indicano l’altra strada, un’altra idea di Europa. Occorre immaginare una nuova politica economica, un new deal, che metta al centro non i vincoli fiscali, ma i vincoli sociali: occupazione, diritti, ambiente, che investa in infrastrutture e conoscenza. L’Europa che ha affamato la Grecia per salvare le banche tedesche e francesi non ci appartiene. Noi siamo i veri europeisti ed è solo con un”altra Europa che si potranno sconfiggere i populismi di destra, i nazionalismi e i localismi antistorici che oggi crescono alimentati dallo scontento e dal rifiuto di questa politica.

Mediterraneo, un mare di pace

Le vicende di questi ultimi anni hanno dimostrato che le guerre non risolvono i conflitti, anzi li aggravano. Dall’Iraq all’Afghanistan, dalla Palestina alla Somalia, dalla Libia alla Siria, gli interventi militari hanno provocato solo lutti e macerie.

Le primavere arabe che hanno portato profondi cambiamenti e speranze con l’abbattimento dei dittatori che governavano quei paesi con l’appoggio dell’occidente, vivono ora una fase di crisi: dopo le rivoluzioni laiche sono arrivare le vittorie elettorali degli islamisti e il tentativo di vanificare le conquiste e i diritti delle donne. Ma la rivoluzione continua.

L’Europa deve riacquistare credibilità e sovranità con una politica estera basata sul rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani. Solo così potrà svolgere un ruolo di mediazione nella soluzione dei conflitti, a partire da quello israelo-palestinese. L’altra Europa deve perseguire il disarmo e non assecondare la corsa agli armamenti. Il primo obiettivo deve essere il rilancio di una politica di pace, cooperazione e solidarietà nel Mediterraneo, non frontiera tra due mondi, ma luogo di rinascita di civiltà.

Diritti delle donne. Contro i fondamentalismi.

Il sostegno alla battaglia delle donne contro tutti i fondamentalismi sarà il mio impegno principale. Solo la laicità può garantire l’affermazione dei diritti delle donne senza i quali non si può parlare di democrazia.
In questi anni, girando per molti paesi mediterranei, del Medioriente, dell’Africa ho conosciuto donne meravigliose che si battono, spesso nell’indifferenza del mondo occidentale, per difendere la propria dignità e spesso anche la propria vita.

Dall’Afghanistan all’Iraq, dal Pakistan all’Algeria, dalla Tunisia all’Egitto, dalla Somalia alla Bosnia le donne sono in prima fila per contrastare tutti i fondamentalismi, religiosi o tribali. Le donne sono state protagoniste delle primavere arabe con la rivendicazione della parità
di genere. La loro lotta è anche la nostra.

Informazione è democrazia

Il diritto di essere informati è il sale della democrazia. Ma la libertà di informazione è la prima vittima delle guerre. Nessuna delle parti in conflitto vuole testimoni.

Una carta, uno statuto dei diritti all’informazione, deve essere varata dal Parlamento europeo come garanzia a difesa dei tanti operatori che sul campo rischiano la vita per informare e permettere all’opinione pubblica mondiale di farsi un’idea non embedded delle cause di guerre e tragedie.

E anche in Italia il diritto alla pluralità di informazione viene oggi negato da un servizio pubblico che offre un racconto edulcorato delle realtà, piegato alle logiche e agli interessi di governo, anche in questa campagna elettorale.

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