L’immagine della Città della scienza di Napoli in fiamme è evocativa non solo della situazione del nostro paese, la prima assemblea nazionale di Sel alla quale ho partecipato si era tenuta proprio alla Città della scienza….
Siamo davvero davanti ad una grande occasione come da più parti si sostiene?
Io credo di sì.
Ricordiamo l’esito che era considerato più scontato: una maggioranza di centrosinistra alla Camera e la necessità di un accordo con Monti al Senato. Per noi e per il paese sarebbe stato un disastro: nessuna possibilità di cambiamento reale e di rottura dei vincoli posti dall’agenda Monti.
Dire questo non significa negare la sconfitta, che c’è stata, anche nostra, di cui parlerò dopo, ma provare a cogliere tutto ciò che c’è di positivo in questo esito elettorale.
Per la prima volta in Italia esiste in Parlamento e nel Paese una maggioranza che possiamo definire più o meno di sinistra, anche fatta la tara delle componenti di destra presenti nel M5stelle e pure nel Pd. Non era mai successo, anche nei momenti migliori, che in Parlamento esistesse una maggioranza che fosse d’accordo su questioni importanti come: conflitto d’interesse, anticorruzione, riduzione dei costi della politica, ambiente, lavoro, reddito di cittadinanza e che sui diritti non si dovesse trovare una mediazione con il centro e le componenti clericali.
Certo, so bene che a esempio sullo ius soli Grillo non è d’accordo, ma su questo non credo sarà difficile trovare un punto un accordo con gli eletti al Parlamento.
Tutto facile, ovviamente no, anzi.
Le difficoltà sono molte: la tenuta del Pd, la sua capacità di reggere su un programma di pochi ma qualificanti e radicali punti; l’interesse di Grillo a mandare in vacca un possibile accordo per raccoglierne i frutti, la questione di fiducia, le sirene dei commentatori politici che dopo aver tifato per l’accordo Monti-Bersani oggi già pensano al governissimo, le oggettive difficoltà che la speculazione provocherà, il fardello lasciato da Monti: disoccupazione, recessione, tasse, Iva.
Ma davvero oggi non esiste altra strada se non vogliamo precipitare nel baratro.
Un governo – o semplicemente l’approvazione di alcune leggi – che veda una qualche forma di appoggio da parte dei grillini non potrà durare a lungo? Probabile, ma se nel frattempo si riuscisse a varare una nuova legge elettorale, elezioni fra uno o due anni non sarebbero un trauma.
E veniamo a noi.
Credo che con franchezza ci dobbiamo dire che il nostro progetto politico è fallito.
Ce lo dicono in primo luogo i numeri: le nostre percentuali sono più o meno le stesse delle elezioni europee del 2009, quando Sel era appena nata e abbastanza sconosciuta. In termini di voti assoluti guadagnamo grazie a 12 punti di affluenza in più ma ciononostante in Calabria, Campania, Marche e Umbria diminuiamo anche in termini assoluti. Anche in Puglia non siamo andati bene. Ci eravamo riproposti di eleggere il 40 per cento di donne, invece le elette sono il 28 per cento.
Il nostro progetto di riaggregare la sinistra diffusa e dispersa è fallito innanzitutto perché non ci abbiamo nemmeno provato, ci siamo chiusi a riccio con le nostre poche certezze e abbiamo sfuggito ogni confronto con quello che si muoveva intorno a noi: penso ad Alba, a Cambiare si può, ma anche a molte/i compagne/i che si erano avvicinati a noi e ci hanno abbandonato. Non siamo stati un polo di attrazione per i giovani, come era stata l’esperienza delle fabbriche di Nichi, molti di quei giovani hanno votato Grillo.
Siamo stati visti come una cosa vecchia, un residuo del passato, una struttura tutta presa a garantirsi spazi e posti con l’accordo col Pd invece che pronta a confrontarsi e a mettersi in discussione. Non c’è stato nei mesi che hanno preceduto la campagna elettorale il coraggio della sfida, un processo di confronto aperto sui nostri temi programmatici che chiamasse a esprimersi movimenti, comitati, partiti, abbiamo assecondato lo stucchevole dibattito sulle alleanze invece di dire da subito che non parlavamo di alleanze, ma di proposte.
Paradossalmente c’è voluta la vittoria di Grillo perché uscissero delle proposte concrete.
Ora è difficile risalire la china.
Il movimento 5 stelle diventerà inevitabilmente e ulteriormente un polo attrattore, è riuscito a esserlo quando non era al centro dell’attenzione mediatica, figuriamoci adesso.
Molto dipenderà dall’esito del tentativo di Bersani.
Comunque vada è probabile che si torni alle urne, forse non subito, ma entro il 2014.
Il tempo che abbiamo è poco.
È davvero la nostra ultima chiamata.
Si è parlato di congresso dopo le elezioni. Non so se ce ne saranno le condizioni, ma un congresso o qualcosa del genere andrà fatto. Riaprire un confronto nell’area dispersa e delusa della sinistra deve essere il nostro primo obiettivo, poi incalzare sui contenuti il M5S e il Pd.
Abbiamo sempre detto di considerarci una forza transitoria, maieutica: siamo stati o siamo apparsi il contrario.
In una intervista al manifesto di domenica Nichi ha detto che “Il futuro di Sel è nella capacità a contribuire al rimescolamento delle culture politiche, alla costruzione di una sinistra davvero plurale, capace di dare valore alle differenze”. Per questo io ero entrata in Sel, ma questo finora non è successo, è ancora possibile che succeda? Spero di sì, ma per cominciare il cambiamento più profondo e necessario da fare è quello dentro di noi.