Stanislao Focarelli è rimasto da solo sulla torre del Binario 21 alla stazione centrale di Milano, dopo che ieri mattina alle 5 e 30 Oliviero Cassini è sceso. Oliviero era là sopra dall’8 dicembre. La notizia della sua discesa ha attirato diversi giornalisti, che parlano con Stanislao via telefono. Per il manifesto fa un’eccezione. Attraverso una ripida scaletta ci arrampichiamo sulla torre, fino al primo stadio: 2 metri per 2, ma lo spazio agibile tolto quello occupato dalla tenda e dall’accesso alla scaletta è molto più limitato. Provo un senso di claustrofobia, ma subito mi riprendo di fronte alla dignità dimostrata da Stanislao, che vive qui sopra da tre settimane.
La discesa di Oliviero – “è normale dopo tanto tempo, deve rivedere sua figlia” – non ha minimamente fiaccato la volontà di resistere né di Stanislao né dei suoi compagni, che sostano nella piattaforma sul Binario 21. Altri compagni sono pronti a prendere il posto di Oliviero,
ma prima di salire occorre una preparazione psicologica. Effettivamente le condizioni di vita – ora migliori rispetto a quando il gelo e la neve rendevano la situazione ancor più proibitiva – in questo piccolo bivacco sono estremamente difficili. Ma Stanislao, che una mattina – racconta – si è svegliato coperto di neve, non si lascia intimorire, nemmeno dalle ultime notizie che circolano sull’intenzione dalla Wagon lits di tagliare il Tfr per i lavoratori rimasti senza lavoro.
La lotta dei lavoratori dei vagoni letto è riuscita a mobilitare la cittadinanza in modo sorprendente. C’è chi porta viveri, legna, vino, e solidarietà. “Perché la nostra non è la lotta di 800 lavoratori per la difesa del proprio impiego, ma è una battaglia in difesa dei diritti dei cittadini, soprattutto migranti, ad avere un servizio pubblico e sociale: i treni che permettono loro di viaggiare in cuccetta dal nord al sud”. E poi quella dei lavoratori della Wagon lits è una lotta esemplare, portata avanti in condizioni estreme, senza mai scadere in infrazioni dell’ordine pubblico, come sarebbe stata l’occupazione di binari. “Prima la polizia ci osservava 24 ore su 24, poi si è accorta che non creavamo nessun problema di ordine pubblico e ora viene qualche poliziotto di tanto in tanto”, spiega Stanislao.
Eppure, la Cgil si è mostrata tiepida verso questo presidio, sebbene Camusso sia venuta in visita al Binario 21. “Il sindacato voleva farci scendere dalla torre, ma noi non vogliamo fare la fine degli operai di Pomigliano”, sostiene Stanislao. Come altri suoi compagni, è iscritto alla Cgil, che non ha firmato l’accordo con la regione Lombardia, sottoscritto invece da Cisl, Ugl e Uil, che avrebbe dovuto portare alla ricollocazione dei 120 lavoratori del comparto lombardo. Finora nessuno è stato però assunto dalle aziende che sembrava si fossero rese disponibili.
Passa un treno, il macchinista saluta, ma i ferrovieri, in maggioranza nella Filt, “non hanno fatto nemmeno un quarto d’ora di sciopero”, sottolinea Stanislao. Perché non c’è stata solidarietà? “Perché i circa 900 esuberi che si sono verificati in Trenitalia a causa del taglio dei treni per il sud sono stati riassorbiti dall’Amministratore delegato Moretti nelle stesse ferrovie”, commenta con amarezza Focarelli.
Nessuno spiraglio dopo una lotta così dura? Eppure sul telo di cellophane che avvolge la torre per riparare i “resistenti” dalle intemperie spiccano i nomi di vari “visitatori” famosi.
“L’unico che ha mantenuto la promessa fattaci quando è stato qui è il presidente della Puglia Vendola: ha incontrato il ministro Passera e ha ottenuto l’impegno a creare un tavolo tecnico per discutere della ripresa dei servizi per il Mezzogiorno. Vedremo se il ministro manterrà la promessa, questa è una questione che va trattata con il Ministro dei trasporti e non con l’Amministratore delegato di Trenitalia”, sostiene Stanislao.
Sotto la torre intanto gli altri compagni si attrezzano per preparare il pranzo che viene issato in un cestello. “Pasta con il tonno ti va bene?”. A Stanislao va benissimo, è un ragazzo giovane, 37 anni, calabrese, pieno di vita e di voglia di lottare. Non si lamenta per il disagio, il poco spazio, l’isolamento, è fiducioso nel successo della loro lotta. Come lo sono gli altri e soprattutto quelli che l’hanno preceduto sulla torre: Carmine Rotatore, Giuseppe Gison e Oliviero Cassini. “Ma certo Oliviero è il più preparato di tutti, è figlio di un partigiano!”, spiega Stanislao Focarelli.