Algeri. Oggi marcia contro il governo | Giuliana Sgrena
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Algeri. Oggi marcia contro il governo

In piazza il Coordinamento per il cambiamento e la democrazia

Algeri. Oggi marcia contro il governo
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12 Febbraio 2011 - 11.52


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Con un occhio attento a quello che sta succedendo in Egitto, i militanti algerini del Coordinamento per il cambiamento e la democrazia concentrano tutti gli sforzi per mettere in marcia la loro rivolta. La piccola sede della Lega per la difesa dei diritti dell”uomo (Ldhh) è troppo stretta per accogliere tutti i rappresentanti del Coordinamento per il cambiamento e la democrazia che si sono dati qui l”ultimo appuntamento prima della manifestazione.
Le riunioni si sono tenute in sedi diverse. La sede della Ldhh è piccola ma è centrale, su una traversa della Didouche Mourad che attraversa la città dall”alto in basso. Giovani, meno giovani, donne, ragazze che ripassano gli slogan, su tutti prevale «Algeria unita e democratica», intonano l”inno algerino, altri lo slogan tunisino «Dégage» ma questa volta è rivolto contro Boutef e non Ben Ali, che se n”è già andato. Si distribuiscono cartelli e bandiere, qualcuno dice che ci vorrebbero anche le bandiere tunisine ed egiziane per legare la rivoluzione in corso in tutto il mondo arabo. Sotto la sede i capannelli dei militanti. Sono le prove per la giornata del 12, attesa con speranze e con timori.
L”euforia dei militanti si scontra con i timori tra la gente comune, soprattutto dopo che il potere ha agitato lo spettro del terrorismo, paventando azioni di terroristi nel giorno della marcia. La città di Algeri è presidiata dalle forze dell”ordine – la stampa dice che sono stati mobilitati 30.000 agenti -, i mezzi più pesanti sono schierati nella zona della piazza Primo maggio da dove oggi dovrebbe partire la marcia per poi concludersi in piazza dei Martiri. Posti di blocco alle porte della città per impedire l”arrivo di militanti dal resto dell”Algeria, si parla anche di treni bloccati ma è difficile verificare. Ma chi vuole partecipare alla manifestazione è già ad Algeri. I timori di scioperi o di blocchi della distribuzione hanno provocato l”accaparramento di alcuni beni e lunghe code ai distributori di benzina.
Mentre le organizzazioni promotrici della protesta studiano le strategie da adottare, sono arrivati anche gli ultimi appelli a scendere in piazza di intellettuali e di personaggi dello spettacolo, come il cantante Amazigh Kateb figlio del famoso scrittore Kateb Yacine, autore tra l”altro di Nedjma. Mentre organizzazioni europee hanno fatto appello alle autorità algerine perché autorizzino la manifestazione. Difficile capire l”ostinazione del potere nel voler impedire questa dimostrazione proprio mentre il presidente Abdelaziz Bouteflika ha annunciato nei giorni scorsi che lo stato di emergenza in vigore dal 1992 sarà revocato. Ma quando? Forse è l”annuncio che potrebbe far cadere una delle rivendicazioni dei manifestanti. Le altre sono: la liberazione dei detenuti politici, un”Algeria democratica e sociale, l”apertura dei campi politici e mediatici, lavoro e giustizia sociale. Molti in queste ore si chiedono se veramente il regime algerino vuole questa prova di forza. Gli scenari prospettati ieri dal quotidiano El Watan erano tre: «marcia autorizzata» (nel momento in cui scriviamo non ci sono elementi che possano accreditare questa ipotesi); «marcia tollerata», questa scelta dipenderebbe dal numero dei partecipanti, la terza è quella invece della chiusura totale rispetto alla manifestazione e alle richieste del Coordinamento che l”ha organizzata, ovvero «marcia vietata».
Del Coordinamento fanno parte diverse associazioni, oltre alla Lega per la difesa dei diritti dell”uomo, a Sos disparus, ai partiti come il Raggruppamento per la cultura e la democrazia e il Movimento democratico sociale (mentre il Fronte delle forze socialiste si è ritirato), a diversi sindacati indipendenti si è aggiunto anche l”Osservatorio sulla violenza contro le donne, che riunisce diverse associazioni di donne. «Stavamo riflettendo sul miglior modo di agire quando è nato il Coordinamento per il cambiamento e la democrazia che ha gli stessi nostri obiettivi, ai quali noi aggiungiamo quelli delle donne», ci dice Cherifa Bouatta, una delle fondatrici dell”Osservatorio. C”è stato un effetto Tunisia e Egitto su quello che sta succedendo in Algeria? le chiedo. «Certo, abbiamo seguito quello che succedeva in Tunisia e in Egitto minuto per minuto, ed è stata anche indetta una manifestazione davanti all”ambasciata egiziana nei giorni scorsi». Tra l”altro ieri sera quando si è sparsa la notizia della partenza di Mubarak militanti del Rcd sono usciti dalla loro sede in via Didouche Mourad per festeggiare il successo della rivolta egiziana ma sono stati caricati dalla polizia (ci sono tre feriti) e alcuni arrestati.
Cherifa Bouatta non condivide l”opinione di chi dice che «l”Algeria non è la Tunisia», un”affermazione usata dal potere per negare le ragioni della protesta, anche se aggiunge che «noi abbiamo vissuto il terrorismo e questo ha lasciato delle tracce profonde, è stata un”esperienza terribile e fa ancora paura, per questo molte persone desiderano vivere nella tranquillità. Ma questo non vale per i giovani che mettono in gioco la loro vita immolandosi».
Oggi comunque saranno tutti in piazza per sfidare i divieti e anche eventuali «infiltrazioni di agenti in borghese per provocare scontri» come paventa Said Sadi, leader del Raggruppamento per la cultura e la democrazia, il partito più impegnato nella protesta, e che ha già organizzato numerose manifestazioni in Kabilyia.

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