«Ali vattene». Decine di manifestanti hanno protestato ieri a Sanaa davanti all’ambasciata egiziana chiedendo al presidente Ali Abdullah Saleh di andarsene. La polizia in borghese ha aggredito i manifestanti ma non ci sono stati feriti. Tawakel Karman, del partito islamista Islah e militante del gruppo delle Giornaliste senza catene, è tra le più attive organizzatrici delle manifestazioni. Ma il «giorno della rabbia» sarà il 3 febbraio, quando tutte le opposizioni saranno chiamate alla mobilitazione per chiedere la fine del regime di Ali Abdullah Saleh. «Continueremo fino alla caduta del regime, ha detto Karman, abbiamo il Movimento del sud, i ribelli Huthi nel nord e l’opposizione parlamentare, tutti chiediamo un cambiamento politico».
Lo Yemen, uno dei paesi più poveri della regione deve anche fare i conti con un movimento separatista al sud e la ribellione degli Zaidi (sciiti) al nord. Ma quello che è più importante, ha detto Karman, è che adesso «abbiamo la rivoluzione dei gelsomini». Se fioriranno si vedrà.
SIRIA. In previsione di una manifestazione indetta in Siria per il 5 febbraio, le autorità da tre giorni hanno bloccato ogni accesso a Facebook. Secondo il quotidiano arabo Asharq al Awsat sono stati bloccati anche i blog e l’accesso ai forum tramite cellulare. Dopo quanto è accaduto in Tunisia e in Egitto, il terrore di Internet percorre tutto il mondo arabo.
ARABIA SAUDITA. Del resto, nei paesi dove la repressione è totale, i telefonini e internet sono l’unico mezzo usato dagli oppositori al regime per organizzarsi. Una prima manifestazione si è tenuta venerdì anche in Arabia saudita. Dopo la preghiera decine di persone a Gedda hanno protestato per la mancanza di interventi dopo furiose piogge che avevano allagato molte vie della città, facendo saltare le linee elettriche e provocando quattro morti. L’unico slogan era: «Allah ul-Akbar». La manifestazione è stata subito dispersa e una cinquantina di persone sono state arrestate. Altri sms invitano i lavoratori dei settori pubblico e privato a scioperare la settimana prossima.
BOUTEFLIKA DÉGAGE. «Bouteflika vattene, barakat (basta)» è la parola d’ordine di migliaia di manifestanti che hanno risposto ieri a Béjaïa (Kabiliya) all’appello alla mobilitazione lanciato dal Raggruppamento per la cultura e la democrazia (Rcd, opposizione laica con forte sostegno tra i berberi). La manifestazione era sostenuta dagli studenti del comitato per «la salvaguardia e la cittadinanza» e dall’associazione delle vittime dell’ottobre 88 (la prima grande rivolta algerina che aveva portato all’introduzione del multipartitismo). Contrariamente a quanto era avvenuto il 22 gennaio ad Algeri quando la polizia aveva impedito la manifestazione del Rcd, ieri le forze dell’ordine si sono tenute ai margini. Ma la vera prova di forza in Algeria è attesa per il 12 febbraio quando scenderanno in piazza tutte le opposizioni.