A dieci giorni dalla caduta di Ben Ali ieri è cominciata in Tunisia una settimana che potrebbe essere decisiva, soprattutto se, come ha annunciato al Jazeera, sarebbero in corso trattative per la formazione di un governo di saggi che andrebbe a sostituire quello ad interim contestato dalla piazza. Ieri mattina si sono verificati scontri proprio davanti al palazzo della Kasbah che ospita il governo. Molti dei manifestanti, arrivati domenica a Tunisi da ogni parte del paese con la «carovana della libertà», avevano passato la notte nella piazza presidiata dalle forze dell”ordine sfidando il coprifuoco. Ieri mattina a un lancio di sassi e bottiglie la polizia ha risposto con i lacrimogeni. Mentre il capo di stato maggiore, il generale Rachid Ammar, ha detto ai manifestanti che «le forze armate sono garanti dei cittadini, del paese e della rivoluzione». Ancora una volta sembra manifestarsi un diverso atteggiamento tra polizia ed esercito, anche se i poliziotti pro-Ben Ali dovrebbero ormai essere fuori gioco. I poliziotti, peraltro, hanno manifestato nei giorni scorsi per chiedere la formazione di un loro sindacato.
Altri manifestanti invece si sono raccolti nella centrale avenue Bourghiba per chiedere le dimissioni del governo e l”esclusione di tutti coloro che avevano collaborato con l”ex presidente. Ieri sono stati messi agli arresti domiciliari alcuni dei più noti sostenitori del vecchio regime: Abdel Wahab Abdallah, ex ministro consigliere della presidenza, Abdelaziz Abdallah, primo consigliere e portavoce del presidente, Abdallah Kallel, presidente del senato ed ex ministro degli interni. Sono stati invece liberati Larbi Nasra e il figlio, proprietari della prima tv privata tunisina Hannibal, arrestati domenica per «alto tradimento e complotto contro la sicurezza dello stato» per aver mantenuto contatti telefonici con Ben Ali.
Ieri sono state riaperte le scuole, che erano rimaste chiuse dal 10 dicembre. Nonostante l”ordine di riapertura del ministro dell”istruzione Ahmid Ibrahimi, oppositore del vecchio regime e leader del partito Ettajdid (una costola del partito comunista), molte scuole sono rimaste vuote per lo sciopero a tempo indeterminato degli insegnanti proclamato dall”Unione generale dei lavoratori tunisini: «un successo senza precedenti» ha detto Nabil Haouachi, della direzione del sindacato degli insegnanti, «malgrado il tentativo del ministero, sostenuto dai media, di farlo fallire».
La riapertura graduale delle scuole rappresentava un test importante per il nuovo governo, che avrebbe vantato un ritorno alla normalità in un settore importante. Così non è stato. Anzi si è verificato uno scontro a sinistra tra ministro e sindacato, che aveva ritirato i propri tre candidati ministri. «Non possiamo applicare l”ordine di un governo che non riconosciamo», ha detto un altro sindacalista Nejib Sellami. E ha aggiunto: «questa è la risposta a un governo che ha sostenuto che la protesta sarebbe diminuita con il tempo».
Nel frattempo sono comparse nuove sigle, come il Fronte del 14 gennaio (giorno della fuga di Ben Ali) che comprende partiti finora sconosciuti dell”estrema sinistra, nazionalisti, nasseristi, baathisti. Tutti chiedono le dimissioni del governo. Una conferma che la rivoluzione dei gelsomini è assolutamente laica. Anche se gli islamisti non rinunceranno a giocare le loro carte. ‘
Tunisi. La piazza impone un altro governo
Con sassi e bottiglie
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25 Gennaio 2011 - 11.52
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