Una telefonata e il ricorso è respinto | Giuliana Sgrena
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Una telefonata e il ricorso è respinto

I retroscena del ricorso in cassazione

Una telefonata e il ricorso è respinto
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21 Dicembre 2010 - 11.52


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Era il 24 luglio 2008, alla Corte di Cassazione era in corso il dibattito sul ricorso contro la sentenza della Corte d”Assise che avvalendosi della «consuetudine dello zaino» aveva negato la nostra giurisdizione a giudicare Mario Lozano, il soldato americano che aveva sparato sulla macchina su cui viaggiavamo uccidendo Nicola Calipari. Stava intervenendo l”Avvocatura dello stato quando si è sparsa la voce che da palazzo Chigi era arrivata una telefonata che ordinava al proprio rappresentante di «mollare tutto». Con imbarazzo l”avvocato concludeva il suo intervento affidandosi alla decisione della Corte. E la Corte avrebbe respinto il ricorso condannandomi a pagare le spese. Era solo l”ultimo atto di un processo che non si doveva fare a tutti i costi. Nonostante l”autorevole parere di un giurista come Antonio Cassese che sosteneva la nostra giurisdizione a giudicare Lozano.Tuttavia il processo in Corte d”Assise, con un giudice già collaboratore del ministro Castelli, e la sentenza per lo meno inadeguata rispetto al dibattito di alto livello sul diritto internazionale che si era svolto, non aveva lasciato spazio alla possibilità di celebrare un processo che vedesse alla sbarra Lozano. Come ho sempre detto non volevo un capro espiatorio in Lozano, non ho mai pensato che fosse il principale responsabile di quanto accaduto. Eppure avrei voluto un processo per cercare di scoprire quello che era successo e soprattutto per togliere l”impunità ai soldati che colpiscono i civili. Ma è proprio questo che non si vuole: chi manda i propri soldati in guerra nega la possibilità che vengano puniti per le loro azioni. Io avevo citato anche la segreteria di stato americana, ma la citazione era rimasta in un cassetto del ministero degli esteri, tanto che abbiamo dovuto richiedere un rinvio del processo per rifare la citazione. Che purtroppo non ha avuto seguito.Non solo, Mario Lozano ha scaricato tutte le responsabilità (per la morte di Calipari, oltre che per i suoi fallimenti personali) su di me in diverse interviste, che non hanno certo visto i giornalisti italiani sollevare qualche doverosa obiezione. Come quando Mario Lozano (allora indagato a piede libero) diceva di non voler venire in Italia a testimoniare perché minacciato. Da chi? Nessuno glielo ha mai chiesto. Alla vigilia di ogni seduta del tribunale usciva una intervista di quel tenore, evidentemente non si trattava di un caso ma di una operazione di difesa ben orchestrata (dal collegio di avvocati americani finanziati attraverso un sito internet) e ripeto con la connivenza della stampa italiana. Che dopo la chiusura del processo è tornata a occuparsi del caso Calipari solo in occasione delle uscite di WikiLeaks. Dunque benvengano i file americani che pur non rivelando novità sconcertanti confermano le nostre supposizioni e mettono in evidenza le trame e l”ipocrisia dei nostri governanti. Che sono chiamati in causa direttamente e ora dovranno rispondere davanti agli italiani per aver voluto insabbiare il caso Calipari. ‘

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