articoloIo sto con Emergency. Ci sono. C”ero. Ai ritratti di Matteo, Marco e Matteo, lì appesi al palco in piazza san Giovanni, si sovrappongono altre immagini, ne abbiamo viste molte negli ultimi anni, troppe. La mia mente comincia a correre all”indietro, non riesco a fermarla. Mi sento come i tre cooperanti di Emergency nuovamente prigioniera, di chi non sai cosa voglia da te, ostaggio della violenza, del sopruso, dell”arroganza di chi ha la forza delle armi. È la degenerazione della guerra, in Afghanistan come in Iraq.Oggi sono qui, come altre migliaia di persone, per ottenere la loro liberazione, come quel 19 febbraio di cinque anni fa altre migliaia e migliaia erano in piazza per me. Molte persone che incontro alla manifestazione, come ogni giorno per strada, me lo ricordano: io c”ero. Non serve aggiungere altro, loro sanno che io so. È una solidarietà che si rinnova con chi ha la sola colpa di stare dalla parte delle vittime e di voler testimoniare gli orrori della guerra, quelli che riscontrano sui corpi di chi chiede il loro aiuto.C”è chi ha solo la possibilità di raccontare e chi invece può anche lenire le ferite, ma ora nella provincia di Helmand, nel sud dell”Afghanistan, non ci sarà più nessuno ad aiutare la popolazione, i civili, quelli che più di ogni altro sono vittime dei bombardamenti. Il disprezzo di chi ha voluto la chiusura dell”ospedale di Lashkar Gah con un falso pretesto è prima di tutto contro la popolazione afghana, contro la propria gente. E poi contro chi è venuto da lontano con la convinzione che tutti abbiano il diritto a essere curati, aiutati, sfamati, sottratti ai cannoni e alle bombe.Io sono qui, ma è come se non ci fossi, cerco di provare quello che stanno vivendo Matteo e Marco – che ho conosciuto a Kabul – e l”altro Matteo – di cui ho saputo dai genitori – e spero che arrivi loro la solidarietà di questa piazza, una energia che li aiuti a resistere alla montatura orchestrata contro di loro e contro Emergency. In fondo io quando ero chiusa nella mia stanza buia avvertivo che non mi avevano abbandonata, sentivo il calore della solidarietà. In soccorso arriva da Kabul la voce di Rossella, ecco lei cercherà di far arrivare queste voci ai suoi colleghi rinchiusi non si sa esattamente dove. Con le voci della piazza e del palco arriverà loro anche la nostra speranza, quella suscitata dalla presa di posizione dell”inviato speciale delle Nazioni unite Steffan de Mistura che si è impegnato a lavorare con Emergency per liberare i tre ostaggi. De Mistura ha vissuto molto in Italia, ma non è certamente solo per questo che ha deciso da che parte stare in modo più concreto del nostro stesso governo. Ed è di buon auspicio che l”Onu abbia un proprio ruolo e non si lasci condizionare da chi disprezza i principi della Nazioni unite.È persino una speranza anche per noi, per chi vuole la pace. Forse quelle poche bandiere della pace che ieri sventolavano insieme alle numerosissime di Emergency torneranno a colorare i nostri balconi e le nostre speranze. ‘
L''abbraccio arcobaleno di San Giovanni'
Manifestazione per i 3 sequestrati di Emergency
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18 Aprile 2010 - 11.52
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