Cambio del guardiano | Giuliana Sgrena
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Ray Odierno, il nuovo capo Usa militare in Iraq

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17 Settembre 2008 - 11.52


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Il generale David Petraeus ha lasciato ieri il comando delle forze Usa in Iraq al suo vice, il generale Ray Odierno. Petraeus è stato promosso a comandante del Comando centrale Usa che copre Asia e Medio oriente, dunque i punti più caldi: Iraq, Afghanistan e Iran. Il compito non è facile per nessuno dei due. Innanzitutto il pluridecorato Odierno e l”Iraq. Il generale era arrivato per la prima volta in Iraq nel 2003 al comando della 4.a divisione di fanteria, che si era installata a Tikrit, la città di Saddam Hussein, dove la resistenza all”occupazione era particolarmente dura. Sebbene a questa unità fosse stata riconosciuta la cattura di Saddam – anche se permangono molti dubbi sugli autori – il generale Odierno aveva costruito la sua fama sull”uso del pugno di ferro. Come risulta da un rapporto militare del 2003, citato dal Washington Post , il generale Odierno si era distinto per l”arresto indiscriminato di civili. Una nota di merito, negli Stati uniti, e al suo rientro in patria era stato promosso diventando consigliere militare della Segretaria di stato Condoleezza Rice, che accompagnava nelle sue missioni. Ritornato in Iraq nel maggio del 2006, dove aveva assunto il comando della forza multinazionale a Baghdad, deve essersi reso conto che il pugno di ferro non pagava o forse sarà stato l”arrivo del generale Petraeus, nel febbraio del 2007, a convincerlo a seguire un”altra strategia, sta di fatto che il generale sembra aver cambiato pelle. Resta da vedere quale atteggiamento assumerà come comandante. Nelle prime dichiarazioni Odierno sembra in linea con il lascito del predecessore che nei giorni scorsi aveva affermato che in Iraq non si può «cantare vittoria», che un miglioramento della sicurezza c”è stato ma non è irreversibile e che «all”orizzonte si avvicinano alcune tempeste che minacciano di diventare problemi reali». Come affrontarli e come evitare che i progressi raggiunti in alcune parti del paese non siano vanificati? Nel prossimo anno il generale Odierno spera di vedere «un aggiustamento della strategia: da militare a politico-diplomatica ed economica». Tanto più che il periodo coinciderà con il ritiro di 8.000 soldati dall”Iraq, che porterà il numero complessivo delle truppe a 138.000 uomini. Ma il problema non è tanto di uomini quanto di strategia. Quella di Petraeus si è mostrata efficace, finora, anche se si basa su compromessi estremamente fragili che potrebbero crollare e far riprecipitare la situazione in qualsiasi momento. Se, per esempio, gli americani non riuscissero a far rispettare al governo iracheno l”accordo raggiunto dal comandante uscente con i Consigli del risveglio sunniti fautori della «pacificazione» di Baghdad e della provincia di Anbar, mentre quella di Dyala, anch”essa vicina alla capitale, continua ad essere al centro di attacchi kamikaze con numerose vittime (22 ieri). Anche a Baghdad, forse proprio per celebrare la nomina del nuovo generale o per avvertirlo, ieri due autobombe sono esplose nella centralissima Karrada provocando 12 vittime. Il punto più delicato dell”accordo tra Petraeus e i Consigli del risveglio prevede l”inserimento nell”esercito, a stragrande maggioranza sciita, di 58.000 sunniti dei Consigli, molti ex militari di Saddam, ma il governo non ne vuole sapere. Su questo punto è in corso un braccio di ferro tra il premier Nouri al Maliki, i Consigli del risveglio e fino a ieri il generale Petraeus. Se questo accordo non venisse rispettato gli ex-combattenti sunniti potrebbero tornare a combattere sia contro gli sciiti che contro gli americani riportando il numero delle vittime ai livelli degli anni passati e il paese nel caos . Petraeus, peraltro, riuscendo ad ottenere dagli iraniani la neutralizzazione del radicale Muqtada al Sadr, ha potuto godere di un momento di grazia con gli sciiti. Muqtada infatti si trova in Iran per studi religiosi, che finora non aveva mai fatto e che assumono importanza soprattutto se dovesse morire il vecchio grande ayatollah Ali al Sistani, dato per gravemente malato, tanto da costringerlo ad apparire in pubblico per smentire. Nel frattempo, in assenza del leader, l”esercito di al Mahdi ha mantenuto una tregua che dura ormai da molti mesi. Quello di cui ha bisogno in questo momento l”Iraq, dove l”ultima emergenza è quella del colera che sta mietendo vittime soprattutto al sud, è una ricostruzione del paese, con le sue infrastrutture, indispensabili per lo sviluppo del paese. Nonostante i forti introiti dell”oro nero, manca ancora l”elettricità molte ore al giorno, l”acqua non è potabile, scarseggia la benzina perché sebbene l”estrazione del petrolio sia aumentata mancano le raffineri . Certo, nella zona verde si stanno costruendo nuovi alberghi per stranieri, ora Najaf ha un nuovo aeroporto costruito dal Kuweit, ma la gente normale continua a sopravvivere al limite dell”indigenza. La strategia politica-diplomatica-economica avanzata dal generale Odierno è sicuramente la più adeguata al momento ma non priva, anche questa, di incognite e trappole per gli iracheni. Quello che deve essere garantito agli iracheni è la sovranità e questa dipende anche dal ritiro delle truppe americane. Non solo. La questione centrale rimane la legge sulla privatizzazione del petrolio, mentre sono già stati firmati alcuni contratti per lo sfruttamento dei giacimenti, il più importante con la Cina. Poi c”è la legge elettorale per le elezioni amministrative che si dovrebbero tenere entro l”anno. Infine, ma non meno conflittuale, la questione kurda, ovvero i territori contestati che i kurdi rivendicano e che attualmente non appartengono al Kurdistan, tra i quali Kirkuk, con i suoi importanti giacimenti di petrolio. Il compito non sarà certamente più facile per il gen. Petraeus, soprattutto in Afghanistan. Con le «azioni coperte» nella zona tribale pachistana, gli Usa hanno aperto un secondo fronte che rischia di rafforzare i taleban e anche al Qaeda. I loro simpatizzanti in Pakistan – violato alle frontiere – potrebbero fornire loro maggiori appoggi . Gli aerei non rispettavano i cieli, ma scendere sul terreno è molto più pericoloso. Senza parlare dell”Iran: mosse sbagliate nei confronti di Tehran potrebbero far saltare anche la precaria tregua con gli sciiti in Iraq. ‘

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