L”Algeria cambia volto. È l”effetto dell”aumento del prezzo del petrolio e della fine del decennio più sanguinoso vissuto dal paese. La capitale è trasformata: negozi eleganti, bar e ristoranti nuovi o rimessi a nuovo, il cinema Algeria sfolgorante con le sue insegne illuminate. La centrale piazza della Grande Poste è finalmente di nuovo agibile dopo la chiusura dei lavori della metropolitana durati decenni. La circolazione invece è notevolmente peggiorata con l”aumento di auto spesso lussuose dei nuovi ricchi e l”apertura di crediti per il loro acquisto, che permettono anche a chi non ha molte disponibilità economiche di indebitarsi per acquistarne una. La nuova immagine di Algeri è in gran parte l”effetto dell”aumento del prezzo del petrolio che ha permesso al governo algerino di avviare grandi opere. La più importante è l”autostrada est-ovest, di cui si parlava da anni e si dubitava che sarebbe mai stata realizzata, che sarà costruita da cinesi e giapponesi. Il nuovo asse con la Cina è del resto stato sancito dalla recente visita a Pechino del presidente Abdelaziz Bouteflika. Ma già le vie della capitale sono invase di prodotti made in China e gli operai cinesi sono impegnati nelle costruzioni che si moltiplicano a vista d”occhio. Pur senza risolvere il problema delle case popolari che vengono regolarmente promesse ma la cui richiesta viene scarsamente soddisfatta. Anche perché i prezzi e gli affitti delle nuove costruzioni sono inavvicinabili per un dipendente pubblico. Nella ricerca di una propria identità, nel popolo algerino si nota una grande voglia di «orientalismo» che qualcuno definisce in modo un po” sprezzante «economia del bazar». Comunque sempre più spesso sulle insegne dei negozi appare come attrazione la scritta: «prodotti orientali», ovvero provenienti dai paesi del Golfo. Forse è solo un modo per schierarsi contro un occidente che pensa di poter aggredire paesi che non si adeguano alla leadership di Bush. Un atteggiamento schizofrenico, perché dopo l”11 settembre l”Algeria ha assunto un ruolo primario nella lotta al terrorismo guidata dagli Usa. Algeri è diventata nuova meta d”affari per paesi dell”est e dell”ovest. L”Italia è tra questi. Durante la visita del presidente del consiglio Romano Prodi di metà novembre è stato firmato l”accordo per il progetto Galsi che porterà in Italia 8 miliardi di metri cubi l”anno attraverso il gasdotto che raggiungerà la Toscana passando per la Sardegna. Inoltre, i principali fornitori di gas all”Italia, l”algerina Sonatrach e la russa Gazprom, hanno costituito una joint venture. Il business del petrolio ha ridato fiato all”Algeria permettendo una riduzione del debito estero e la costituzione di una riserva in valuta di 40 miliardi di dollari. L”avvio di importanti infrastrutture fa inoltre prevedere una forte riduzione della disoccupazione, anche se il problema dei salari e della forte sperequazione tra i nuovi ricchi e settori emarginati della società continua ad essere uno dei problemi irrisolti. I famosi hittistes (ragazzi disoccupati, così chiamati perché usavano appoggiarsi al muro) ora si siedono sulle gradinate, ma sono sempre in attesa di un lavoro. I trabendisti (contrabbandieri) che rifornivano l”Algeria di merci prima introvabili sono stati spazzati via dalla nuova economia di mercato – l”Algeria era sempre rimasta a metà strada anche con le privatizzazioni – che si sta allenando in vista dell”adesione richiesta da Algeri all”Organizzazione mondiale per il commercio. Ma l”Algeria è veramente uscita dal tunnel che l”aveva isolata dal mondo durante gli anni del terrorismo islamico? La legge di riconciliazione nazionale, sancita da un referendum nel 2005, ha concesso l”amnistia a migliaia di appartenenti ai gruppi armati – con l”esclusione dei responsabili di stragi o stupri – che sono stati reintegrati ai loro posti di lavoro o prepensionati. Un risarcimento che non è stato invece garantito ai familiari delle vittime del terrorismo, che per questo protestano. Peraltro molti degli ex combattenti sono tornati dal maquis con un bel gruzzolo, frutto della spartizione dei bottini di guerra, e hanno potuto costruire case e negozi, soprattutto nei villaggi roccaforte dei gruppi armati. La legge di riconciliazione ha permesso anche il rientro in Algeria di leader del disciolto Fronte islamico di salvezza (Fis), come Rabah Kebir dalla Germania. Ex esiliati che si scontrano con la linea dura ancora perorata dai leader del Fis dell”interno come Madani e Belhadj. Per Kebir è tempo di modernizzarsi e di seguire la «via turca» al potere. Mentre gli irriducibili del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento (Gspc) si sono ufficialmente affiliati ad al Qaeda. Resta tuttavia irrisolto lo scontro di fondo tra i sostenitori della teocrazia e quelli della secolarizzazione, che tante vittime ha provocato negli anni ”90. Per il momento il problema sembra accantonato, anche se si ha l”impressione che la tensione covi sotto la cenere.’
Nuovi ricchi e "orientalismo"
L''Algeria cambia volto '
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1 Dicembre 2006 - 11.52
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