Afghanistan: a quando il ritiro? | Giuliana Sgrena
Top

Afghanistan: a quando il ritiro?

Il modello afghano per l''Iraq o l''esempio iracheno per l''Afghanistan? Se il primo veniva auspicato dalle potenze occidentali in guerra sui due fronti, a prevalere, per ora, sembra il secondomodello.'

Afghanistan: a quando il ritiro?
Preroll

Redazione Modifica articolo

23 Maggio 2006 - 11.52


ATF

Il modello afghano per l”Iraq o l”esempio iracheno per l”Afghanistan? Se il primo veniva auspicato dalle potenze occidentali in guerra sui due fronti, a prevalere, per ora, sembra il secondomodello. In entrambi i casi comunque tra le le vittime ci sono sempre civili. Comeè successo ieri nel villaggio di Azizi (vicino a Kandahar), nel sud del paese, dove le bombe Usa di Enduring freedom sono state sganciate su una madrasa (scuola coranica). Il sud dell”Afghanistan sta esplodendo: 200 le vittime solo nella provincia di Helmand dove mercoledì scorso i taleban hanno lanciato una nuova offensiva. Vengono ora genericamente indicati come taleban gli irriducibili che combattono il regime di Kabul dove insieme al presidente Karzai governano i vari signori della guerra (divenuti anche i maggiori trafficanti di droga) appoggiati da alcuni ministri ecomandanti «moderati» dell”ex califfato guidato da Mullah Omar. Nontutti i jihadisti – già impegnati a fianco degli americani nella guerra santa contro l”Urss – si sono però alleati con Karzai, altri hanno ripreso la strada del jihad sullemontagne del Waziristan, a cavallo tra Pakistan e Afghanistan. Le speranze degli irriducibili sonoaffidate aun nuovo leader nominato comandante sul campo da Mullah Omar, il leader mujahidin Jalaluddin Haqqani, ricercatissimo dagli americani che nel 2001 per catturarlo avevano bombardato la moschea che si trovava vicino alla sua villa a Khost (sud-est del paese) uccidendo decine di fedeli. L”ex guida spirituale dei taleban avrebbe rifornito il temuto Haqqani di molte armi e di centinaia di giovani mujahidin provenienti dall”Iraq dove sono stati addestrati. La posta in gioco è alta. La nuova offensiva dei taleban coincide con la decisione degli Stati uniti di sganciarsi progressivamente dall”Afghanistan per concentrarsi sull”Iraq, mentre la Nato (al comando dell”Isaf, International security assistance force, dall”agosto del 2003) estenderebbe la propria presenza in tutto il paese. Anche al di fuori delle zone sotto il controllo della forza multinazionale che aveva costituito i Provincial reconstruction team nel nord del paese (l”Italia si è stabilita a Herat). Quindi se finora l”Isaf aveva avuto, almeno formalmente, un ruolo di «sicurezza e ricostruzione» sotto mandatoOnu, conil proprio sconfinamento a sud andrebbe a coprire anche le operazioni di Enduring freedom (lotta al terrorismo), mentre gli Usa si riserverebbero di dare la caccia a Osama bin Laden. Questo nuovo contesto rende più ambigua e vulnerabile la forza multinazionale che si troverebbe così in prima linea contro i taleban. Adevocare il ritorno dell”ottocentesco «Grande gioco» è però,oltre al ritorno dei russi a Kabul, soprattutto il nuovo dispiegamento di circa 3.000 soldati britannici nella provincia di Helmand, che da sola produce il 20 per cento dell”oppio afghano. Gli antenati dei soldati di sua maestà avevano abbandonato il sud dell”Afghanistan nel 1881 dopo aver perso due disastrose guerre. Il massacro di inglesi è ancora celebrato da una lapide sulla strada che porta da Jalalabad a Kabul. Il compito dei britannici si presenta arduo: le truppe oltre al controllo della zona dovranno anche provvedere allo sradicamento delle coltivazioni di oppio. Un altro motivo di scontro con i nuovi taleban che hanno promesso il loro appoggio ai coltivatori di papaveri in cambio di un supporto logistico negli attacchi contro le truppe occidentali. Lo scontro si fa sempre più duro e non riguarderà solo le truppe britanniche ma tutte quelle schierate dalla forza multinazionale. Quando si comincerà a parlare diundoveroso ritiro anche dall”Afghanistan?’

Native

Articoli correlati