Iraq, la guerra delle moschee | Giuliana Sgrena
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Iraq, la guerra delle moschee

Caccia ai baathisti, 3 assassinii a Najaf. Fuga in avanti dei kurdi che creeranno subito un governo autonomo, concessione Usa per la cattura di Saddam?

Iraq, la guerra delle moschee
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21 Dicembre 2003 - 11.52


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La caccia agli ex responsabili del partito Baath si fa sempre più sanguinosa, anche se non è certamente cominciata in questi giorni, e si interseca con lo scontro, questo sì recente, tra sunniti e sciiti; entrambi sono comunque un effetto dell”occupazione americana. Tre le persone legate all”ex partito unico, disciolto dagli americani, uccise nelle ultime 24 ore nella città santa sciita di Najaf. Ali Kassem al Tamimi, ritenuto un informatore dei servizi ai tempi di Saddam, è stato ucciso con colpi di arma da fuoco insieme a Mohammed Mokhtar Khdayr, venerdì sera, mentre si trovava nel suo negozio di elettrodomestici. Ieri mattina invece Dhamya Abbas, una insegnante elementare ex funzionaria del partito Baath è stata investita da una raffica sparata con kalashnikov da due uomini in moto mentre si stava recando a scuola. Dhamya, che dice di aver lasciato il partito cinque anni fa, è rimasta solo ferita ma Fadi, il figlio di otto anni che stava con lei, è morto sul colpo. Dhamya Abbas era ritenuta il braccio destro dell”ex capo del partito Baath di Najaf, Ali al Dhalimi, uno dei responsabili della sanguinosa repressione sciita del 1991. Dopo la caduta di Saddam, Dhalimi si era nascosto nella vicina Kufa, ma mercoledì scorso decine di persone l”avevano stanato e ucciso a colpi di arma da fuoco.La caccia agli ex membri del Baath viene attribuita alle milizie dei gruppi sciiti, fra le principali vittime della repressione. Non a caso è partita dal sud, a Bassora, ed è opera soprattutto di un gruppo chiamato «Vendetta islamica». A Kerbala, invece, era stato l”imam Mohammed al Saadi, seguace del radicale Muqtada al Sadr, durante un nostro recente incontro, a rivendicare l”uccisione di numerosi baathisti. Ma anche le milizie al Badr, il braccio armato dello Sciiri (Consiglio supremo per la rivoluzione islamica in Iraq), sarebbero impegnate nel «fare pulizia» di elementi del vecchio regime.In questa lotta delle brigate al Badr e del Jaish al Mahdi (l”esercito di Muqtada) contro gli esponenti del Baath si inserisce anche lo scontro, sempre più sanguinoso, tra le moschee sciite e quelle sunnite (avendo il regime di Saddam privilegiato la comunità sunnita) di Baghdad. Giovedì scorso sono stati uccisi Mohammed al Hakim, dirigente dello Sciiri (uno dei partiti che fa parte del Consiglio governativo) e l”imam sciita Osama al Fawadi. Venerdì all”alba una esplosione ha fatto saltare l”ala di una ex sede del partito Baath, nel quartiere al Jihad, dove si erano rifugiate delle famiglie senza casa (sfrattate perché non più in grado di pagare l”affitto) e dove le brigate al Badr avevano aperto una scuola coranica. L”esplosione ha provocato la morte di una donna. L”8 dicembre era stata attaccata una moschea sunnita nel quartiere al Hurriya, tre le vittime. Durante i funerali era stata saccheggiata una moschea sciita. Per cercare di interrompere questa spirare di violenza è stato creato un comitato di sunniti (circa il 35% della popolazione) e sciiti (la maggioranza, circa il 60%). L”organismo non ha avuto grande successo e la situazione si fa preoccupante, tanto che l”imam della famosa moschea al Hanifa di Baghdad, Hussein al Samarrai, nel suo sermone di venerdì ha ammonito: «non dobbiamo tagliare la testa ad un fratello musulmano» e «chi soffre l”oppressione deve difendersi contro l”occupazione e espellere chi ci fa danno».Il disegno Usa di spaccare o indebolire l”Iraq sulla base della divisione etnica e religiosa (questo il criterio usato per formare il Consiglio governativo) favorisce la fuga in avanti dei kurdi, determinata probabilmente da un maggiore potere contrattuale nei confronti degli Usa non solo per aver appoggiato la guerra, ma anche per aver contribuito alla cattura di Saddam. Secondo voci diffuse nei giorni scorsi infatti i peshmerga (combattenti kurdi) avrebbero catturato e poi consegnato l”ex rais agli americani in cambio di promesse sulla futura autonomia kurda. Una qualche conferma a queste voci potrebbe venire dal fatto che i due partiti kurdi (Unione patriottica e Partito democratico) hanno annunciato la costituzione di un governo unificato del Kurdistan (dopo la spaccatura del `94 si dividevano il controllo del territorio) prima della formazione del governo provvisorio iracheno (giugno 2004) in modo da metterlo di fronte al fatto compiuto ed imporre il sistema federale sostenuto da Talabani e Barzani. Con un loro governo, i kurdi potrebbero avere un peso maggiore anche sulla formazione di quello di Baghdad. E intanto, oltre al «ministro» degli esteri, i kurdi aspirano alla nomina di Barham Salih del Puk ambasciatore all”Onu. ‘

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