Il prolungarsi dell”attesa per l”annuncio dei risultati elettorali non impedisce ai partiti di cominciare le trattative per il prossimo governo e a En-nahda, il partito vincitore delle elezioni, di avanzare la candidatura del proprio segretario generale, Hamadi Djebali, a prossimo premier tunisino. En-nahda, che in questa fase di transizione preferisce non assumersi tutti i poteri, del resto non avrebbe nemmeno i numeri per farlo, cerca di coinvolgere «destra e sinistra», senza esclusioni ideologiche. A respingere l”offerta degli islamisti sono stati per ora il Partito democratico progressista e il Polo democratico modernista. Ma sul risultato elettorale grava una importante incognita: una lista, al Arhida (petizione popolare), rischia di essere esclusa. Non sarebbe una esclusione indolore visto che avrebbe già ottenuto, secondo risultati parziali, 18 seggi.
La lista è accusata di aver violato la legge elettorale con una campagna sostenuta attraverso la tv satellitare Mustakella che trasmette da Londra. Si tratterebbe di una lista composta da esponenti del disciolto Rcd promossa da Leila Ben Ali, la moglie dell”ex presidente. La denuncia contro la lista, sostenuta anche dal Polo democratico modernista (Pdm) è all”esame dell”Alta istanza per le elezioni (Isie). Non si tratta dell”unica violazione ma sicuramente la più importante.
Nonostante la denuncia di brogli fatta ieri in una conferenza stampa dal Pdm, i leader della sinistra laica hanno riconosciuto la vittoria di En-nahda e la loro sconfitta. Riusciranno a eleggere una manciata di candidati, alcuni dei quali ancora in ballottaggio. Quello che è certo è che «l”opposizione democratica sarà una minoranza nell”assemblea costituente», ha affermato Riad Ben Fadhel, coordinatore del Pdm. E allora, per garantire che non vengano stravolti i valori democratici, sarà determinante la maggioranza adottata per l”approvazione della costituzione: c”è chi sostiene la maggioranza semplice e chi quella qualificata dei 2/3, su cui punta il Pdm. Questo non è l”unico elemento di divisione sulle future scelte del paese.
La prima riguarda la composizione del governo. Le elezioni erano per la costituente, ma i risultati vengono utilizzati per rivendicare anche la guida del governo – da En-nahda – e anche la sua durata. Secondo il Pdm il governo, che dovrà cominciare a risolvere i problemi del paese, dovrebbe essere formato da tecnici e terminare appena la costituzione sarà approvata, ovvero fra circa un anno. Dovrebbero seguire le elezioni legislative e amministrative. Ma già cominciano a circolare voci sull”indizione di elezioni amministrative nei prossimi mesi e su una durata del governo prolungata fino a tre anni o anche più. Favorevole alla durata del governo per almeno tre anni è Moncef Marzuki, leader del Consiglio per la repubblica che, insieme a Ettakatol, sta negoziando l”entrata nel governo guidata dagli islamisti.
En-nahda vuole una coalizione ampia e per riuscire a fare un governo di «unità nazionale» sarebbe disposta anche a concedere un ministero al Pdm, di cui fa parte Ettajdid, evoluzione del Partito comunista tunisino. Riad Ben Fadhel assicura che il Pdm non entrerà nel governo, non ci sono condizioni che possano portare a un ripensamento. «Questo non vuol dire che non voteremo leggi proposte da En-nahda se queste andranno incontro agli interessi del popolo, senza nessun imbarazzo, ma nel governo non entreremo».
Ieri il Pdm ha lanciato un appello alle forze democratiche perché costituiscano un fronte per difendere i valori della rivoluzione nell”assemblea costituente. Nello stesso tempo ha fatto autocritica sul comportamento che ha portato alla sconfitta elettorale: innanzitutto la divisione delle forze democratiche che ha impedito il dispiegamento di un controllo nel giorno delle elezioni su tutto il territorio nazionale. La divisione ha penalizzato soprattutto il Pdm che veniva presentato come il partito formato da atei, sostenitori degli omosessuali, anti-religiosi. Le forze islamiste hanno costretto l”opposizione a una campagna elettorale identitaria e la «rottura» con il passato di Ben Ali ha favorito il partito che ha il monopolio della religione. Ma il Pdm ha anche dovuto ammettere che la sconfitta è il risultato di una carenza di lavoro militante sul territorio, soprattutto nelle zone rurali.
In questa fase gli islamisti tenderanno a non strafare per evitare la reazione delle forze protagoniste della rivoluzione, alla quale loro non hanno partecipato. Per ora En-nahda deve consolidare lo sdoganamento ottenuto da parte delle forze democratiche. Tuttavia, dopo aver rassicurato gli investitori stranieri e i partner occidentali (il candidato premier Djebali è già stato in Italia, al meeting di Comunione e liberazione a Rimini), non mancheranno di avviare un processo di islamizzazione del paese attraverso, innanzitutto, il sistema educativo. Già ieri Ghannouchi, il leader storico di En-nahda, si è pronunciato contro l”inquinamento francese della lingua araba. Ma è solo l”inizio.
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