La rivoluzione dei gelsomini pur tra molte difficoltà ha segnato un nuovo passo in avanti con la nomina, lunedì, del nuovo governo, che esclude tutti i personaggi legati al vecchio regime, sostituiti da tecnocrati. Mentre il ministro dell”interno ha annunciato lo scioglimento della polizia politica, l”eliminazione della direzione della sicurezza dello stato e si è impegnato ad applicare la legge e rispettare le libertà e i diritti civili. Inoltre si sta costituendo il Consiglio nazionale per la salvaguardia della rivoluzione, al quale parteciperanno tutte le forze dell”opposizione – islamisti di Ennahda compresi – e organizzazioni non governative. Queste erano sostanzialmente le richieste del sindacato, l”Unione generale dei lavoratori tunisini (Ugtt), che ha avuto un ruolo importante nella rivoluzione e continua a fungere da mediatore tra piazza e governo. Ne abbiamo discusso con Abid Briki, portavoce dell”Ugtt.
Possiamo parlare di vittoria del sindacato?
Oggi siamo alla terza repubblica. Avevamo respinto il primo governo Ghannouchi, al secondo avevamo chiesto l”accettazione del Consiglio nazionale per la salvaguardia della rivoluzione e la ristrutturazione delle tre commissioni designate per guidare questa fase di transizione. Abbiamo aspettato 50 giorni, inutilmente. Domenica scorsa abbiamo chiesto le dimissioni del governo. Domenica pomeriggio si è dimesso il premier Mohammed Ghannouchi, ma non il governo. Quando il segretario dell”Ugtt Jrad è stato consultato dal nuovo premier Béji Caid Essersi ha posto cinque condizioni: lo scioglimento del parlamento, quello del consiglio consultivo (seconda camera), le elezioni dell”assemblea costituente, la costituzione del Consiglio nazionale per la salvaguardia della rivoluzione, la formazione di un governo di transizione composto da tecnocrati che non avranno il diritto di presentarsi alle prossime elezioni. Dopo questo incontro siamo un po” più ottimisti.
Il premier ha formato un governo di tecnocrati, ma ha accettato tutte le vostre condizioni?
Quasi, al 90%, perché sul Consiglio di salvaguardia della rivoluzione non c”è la stessa concezione.
Il sindacato ha un forte potere contrattuale mentre molti lavoratori sono in sciopero…
Dopo questo incontro l”esecutivo dell”Ugtt ha fatto un appello in cui invita i lavatori tunisini a tornare al lavoro per stabilizzare il paese e giocare un ruolo rispetto alla sicurezza del paese. Inoltre vogliamo incoraggiare gli investitori a venire in Tunisia, perché oggi gli investimenti stranieri sono essenziali. Infine abbiamo fatto appello ai sindacati internazionali affinché intervengano presso i loro governi per rivedere l”indebitamento della Tunisia.
Ne chiedete la cancellazione o il riscaglionamento?
La cancellazione o almeno una riduzione. Forse chiederemo anche ai lavoratori di aiutarci con uno, due o tre giorni di lavoro per salvare il paese, perché siamo veramente in una situazione critica. La crescita della Tunisia si avvicina allo zero, ora siamo intorno allo 0,7.
Cosa pensate di fare per uscire da questa situazione?
Ci muoveremo in due direzioni. Parteciperemo al processo di instaurazione della democrazia seguendo le trasformazioni politiche e la preparazione delle elezioni per l”Assemblea costituente. Ma nello stesso tempo ci occuperemo dei problemi sociali. Occorre un dialogo con i partner sociali, con il governo e con il padronato, per garantire un lavoro permanente e per migliorare il potere d”acquisto dei salari. Oggi molti lavoratori sono in sciopero senza che ci sia una contrattazione organizzata. Il potere d”acquisto è un fattore importante il cui miglioramento produce crescita e sviluppo, se non c”è un potere d”acquisto elevato, la gente non potrà acquistare e senza consumo non c”è produzione e senza produzione non c”è la creazione di posti di lavoro. La nostra terza priorità è l”impiego di giovani diplomati, che rappresentano un terzo dei disoccupati. Non è con questo governo di transizione che troveremo delle soluzioni ma almeno dobbiamo cominciare a porre le basi per la ristrutturazione dell”economia.
La situazione è veramente complicata, il ministro dell”industria Afif Cherbi si era dimesso dicendo che c”erano pressioni…
Il ministro dell”industria e quello della cooperazione internazionale (Nouri Juini) si sono dimessi perché erano i due uomini di Mohammed Ghannouchi e lo hanno fatto per solidarietà con il premier. E poi ci sono Ahmed Ibrahim e Najib Chebbi, capi di due partiti dell”opposizione, che si sono dimessi per potersi presentare alle prossime elezioni. In questa situazione delicata è invece molto importante che il presidente abbia deciso di rimanere in carica anche dopo il 15 marzo, come previsto. La presidenza della repubblica deve restare fino al 24 luglio, altrimenti ci sarebbe stato il vuoto.
L”amministrazione in carica, ancora legata a Ben Ali, potrebbe giocare un ruolo nelle elezioni.
L”amministrazione sarà fuori gioco. Sarà il Consiglio nazionale per la salvaguardia della rivoluzione a garantire il rispetto delle regole stabilite dall”apposita commissione. ‘
"Democrazie e lavoro, la nostra rivoluzione"
Intervista a Abid Briki, portavoce dell''Ugtt'
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9 Marzo 2011 - 11.52
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