La piazza tunisina non si arrende. A incrociare le braccia per chiedere le dimissioni del governo e lo scioglimento del partito Rcd è stata ieri la seconda città del paese, Sfax, cuore pulsante dell”economica tunisina: 780 imprese che impiegano 50.000 persone e rappresentano il 10 per cento delle esportazioni del paese. Ieri allo sciopero generale indetto dall”Unione generale dei lavoratori tunisini (Ugtt) hanno aderito in massa e in piazza c”erano 50.000 persone, secondo il sindacato. Le immagini trasmesse dalla televisione, che ora da ampio spazio alla protesta, sono una testimonianza della mobilitazione e della forza del movimento di massa che sostiene la rivoluzione dei gelsomini. Se oltre ad essere compromesso il settore turistico si ferma anche la produzione, il governo sarà costretto a cedere alle richieste. Anche se ieri i porti hanno ripreso a funzionare.
In realtà già da giorni si parla della ricerca di un compromesso e ieri sera era atteso l”annuncio di un rimpasto di governo. Rimpasto necessario non solo per sostituire ministri ma anche per assegnare alcuni ministeri che il premier Mohammed Ghannouchi aveva tenuto per sé. Sarà sufficiente questo rimpasto a far cessare la protesta? La piazza chiede un ritiro dei ministri compromessi con il vecchio regime e non intende, così sembra, accettare compromessi. I ricatti agitati con lo spauracchio dell”assunzione dei poteri da parte dell”esercito per ora non sembrano aver fatto presa. Dopo 23 anni di repressione e censura il popolo tunisino non è più disposto a farsi incantare dalle promesse. Comunque anche il governo sembra determinato a fare passi concreti per mettere fine all”era Ben Ali, ieri il ministro della giustizia ha annunciato l”emissione di un mandato di cattura internazionale per l”ex presidente, la moglie e altri membri della famiglia e ha promesso che tutti i responsabili del vecchio regime saranno processati.
Fare giustizia, rispettando le regole di uno stato di diritto, senza vendetta come si è visto in Iraq, è senza dubbio il modo migliore per voltare pagina e risarcire il popolo dei crimini commessi dalla dittatura. Tutto questo sarà possibile? È auspicabile. Del resto questo è il cammino che intravede anche una famosa avvocata dei diritti umani, Radhia Nasraoui, che abbiamo intervistato la settimana scorsa a Tunisi. Gli avvocati che hanno difeso centinaia di oppositori di ogni segno politico non vogliono vendette e rappresaglie. Sarebbe un altro insegnamento della rivoluzione dei gelsomini che continua, per ora, a mantenersi entro i limiti della non violenza. Anche quando viene attaccata dalla polizia, come è successo ancora ieri a Tunisi davanti al palazzo del governo alla Casbah.
Dopo il successo di Sfax, oggi il sindacato ha indetto uno sciopero a Sidi Bouzid, la città del centro della Tunisia dove si era dato fuoco il giovane disoccupato dando inizio alla protesta che poi avrebbe travolto il regime. Ora il sindacato sembra voler fare il percorso alla rovescia. Dopo lo sciopero di Tunisi, il cuore politico del paese, dove era arrivata anche la carovana della libertà, si torna al sud, con Sfax, e poi Sidi Bouzid.
Intanto è arrivata a Tunisi anche una delegazione della Ue che intende aiutare la Tunisia a preparare le elezioni che si dovrebbero tenere entro sei mesi. Il ministro degli esteri italiano invece non sembra ancora rassegnarsi alla perdita di Ben Ali e continua ad agitare lo spettro degli islamisti, ma per ora i tunisini non sembrano volersi lasciar scippare una rivoluzione che ha come simboli solo la bandiera tunisina e Che Guevara.
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Tunisia. Avanza la rivoluzione
Il governo all''Interpol: arrestare Ben Ali'
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27 Gennaio 2011 - 11.52
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