Tunisi. Un governo a palazzo, rese dei conti in strada

Le truppe di Ben Ali contro i soldati

Tunisi. Un governo a palazzo, rese dei conti in strada
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18 Gennaio 2011 - 11.52


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Basta una voce che il panico si diffonde, poco importa se è vera o meno. La città si svuota molto prima dell”inizio del coprifuoco, i taxisti non caricano più nessuno per paura di fare tardi. La paura riprende corpo con la notte, anche in chi la mattina era convinto che ora andrà tutto bene. La resa dei conti è in corso: milizie della famiglia Trabelsi, moglie di Ben Ali, più poliziotti e guardie della presidenza che non accettano il cambiamento contro i nuovi controllori dell”ordine, i militari. A controllare i quartieri e spesso a dare la caccia ai ladri vecchi e nuovi (saccheggiatori) sono anche i Comitati di difesa civile creati in ogni quartiere con il sostegno dell”Unione generale dei lavoratori tunisini. Molte guardie presidenziali ed ex poliziotti sarebbero stati arrestati, si parla di migliaia ma non ci sono cifre certe. Il fatto più inquietante è l”entrata in scena dei cecchini, sembra ormai che non ci siano scenari di conflitto senza di loro. Si piazzano negli edifici e tengono in scacco alberghi, ministeri e abitazioni. Per sicurezza in albergo ci chiedono di chiudere tutte le tende e hanno spostato i tavolini del ristorante al riparo delle pallottole. Siamo al centro di un quadrilatero presidiato da carri armati e blindati che proteggono il ministero degli interni ma non impediscono continui scontri armati.
Ieri pomeriggio l”atteso annuncio del nuovo governo di unità nazionale da parte dal premier Muhammed Ghannouchi. In uno splendido palazzo moresco si è raccolta tutta la stampa presente a Tunisi, numerosa come sempre quando c”è da testimoniare un avvenimento storico. Il nuovo governo non sembra tuttavia all”altezza di quella «rivoluzione dei garofani» che ha attraversato il paese nell”ultimo mese e ha provocato la fuga di Ben Ali. Nel governo entrano sì tre leader dell”opposizione legale ma i posti chiave restano nelle mani della vecchia guardia: interni, esteri, difesa e finanza. Tra gli oppositori di Ben Ali, Najib Chebbi del Partito democratico popolare diventa ministro dello sviluppo regionale, mentre il comunista Ahmed Ibrahimi viene nominato al ministero dell”istruzione superiore e la salute va a Mustafa Ben Jafaar del Forum per il lavoro e la libertà. Questo governo dovrebbe preparare le elezioni entro 6 mesi.
Basteranno? “Sei mesi sono troppo pochi, i costituzionalisti – ci risponde Mustafa Ben Jafaar – stanno esaminando la questione, questo periodo deve essere prolungato di qualche mese, perché noi non abbiamo vissuto un vero pluralismo e la società si deve organizzare. Altrimenti, elezioni con queste leggi o ridanno il posto di presidente della repubblica a un esponente del Rcd perché è l”unico organizzato e si ricomincia da capo, oppure si ritorna al caos. Occorre prendere il tempo necessario senza abusare della pazienza del popolo, abbiamo bisogno di tempo per liberare i prigionieri politici, riorganizzare la vita politica e sociale del paese e quando anche l”informazione sarà libera e tutti gli esponenti politici conosciuti, allora il popolo tunisino potrà scegliere». A chi contesta la decisione di alcuni democratici di aver appoggiato l”operazione di Ghannouchi che non cambierebbe sostanzialmente la situazione, Ben Jafaar risponde: «Noi pensiamo di essere nel giusto perché pensiamo di aver risparmiato al nostro paese dei drammi che si possono evitare, ma nessun democratico è depositario della verità assoluta. Spero che la nostra determinazione e la vigilanza del popolo tunisino permetteranno alle riforme di prendere corpo e al paese di ripartire su basi sane e di raggiungere i paesi avanzati».
Tra le importanti decisioni annunciate dal premier Ghannouchi: l”abolizione del ministero dell”informazione, la liberazione dei prigionieri politici e un”inchiesta sulle persone che posseggono grandi ricchezze e soprattutto sulla corruzione.
Una scelta, quella del governo, che comunque esclude forze che hanno sostenuto la «rivoluzione dei gelsomini», anche se ha nominato sottosegretario il blogger Slim Amamou, e soprattutto mantiene al potere il Raggruppamento costituzionale democratico (Rcd), partito dell”ex presidente Ben Ali, contro il quale si sono svolte ieri manifestazioni in diverse città della Tunisia. A Tunisi centinaia di persone hanno inscenato due manifestazioni sulla via Bourghiba, una parte che voleva raggiungere la sede del Rcd, poco lontana, è stata dispersa con spari in aria e lacrimogeni, e i bar che avevano riaperto i battenti la mattina hanno dovuto richiudere velocemente le saracinesche. Intanto altri manifestanti riuscivano a raggiungere piazza dell”Indipendenza, dove venivano circondati dalle forze dell”ordine. I manifestanti, molti giovani ma anche uomini fatti e madri di famiglia, urlavano slogan contro il Rcd, tradotti su alcuni cartelli anche in inglese (per i giornalisti). «Libertà, la rivoluzione continua», «Non ci lasceremo scippare la rivoluzione da Ghannouchi», «Rcd vattene» e «Processo per i responsabili del regime, cambiare la costituzione». Senza cambiamenti della costituzione solo gli esponenti del vecchio regime potrebbero candidarsi alle prossime elezioni presidenziali: occorre aver fatto una legislatura e avere l”appoggio di 30 deputati. Davanti alla sede del Rcd, le vetrate rotte da lanci di sassi, un ragazzo distribuisce dei volantini: «Rcd stop».
Le armi per ora tacciono, ma non vuol dire che il coprifuoco garantirà la sicurezza. Con il sorgere del giorno si possono verificare le notizie e questa mattina abbiamo potuto constatare che domenica sera a Cartagine non c”è stata una battaglia per il controllo del palazzo presidenziale. La zona era tranquilla, in ordine, anche le aiuole, guardie presidenziali e soldati ci hanno assicurato che lavorano insieme e non hanno avuto nessun problema. Ci hanno tuttavia confermato di aver risposto a spari che provenivano da un”auto che aveva preso di mira una caserma dove si addestra la guardia nazionale. Meglio così.
Questo non vuol dire che la resa dei conti sia finita, ma quando mai un regime è caduto senza provocare scontri e vendette? ‘

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