L'Ossola tra la storia e il presente

La provincia del Verbanio Cusio Ossola alle urne per scegliere se restare con il Piemonte o passare con la Lombardia. Per la validità della scelta occorre il voto favorevole del 50 più uno degli aventi diritto al voto.

L'Ossola tra la storia e il presente
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Giuliana Sgrena Modifica articolo

21 Ottobre 2018 - 09.16


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«Volete che il territorio della Provincia del Verbano Cusio Ossola sia separato dalla regione Piemonte per entrare a far parte integrante della Regione Lombardia?». Questo il quesito che verrà sottoposto oggi ai 143.375 cittadini della provincia V.c.o.

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Se vincerà il sì con il 50 per cento più uno degli aventi diritto, si avvierà in parlamento la procedura per l’approvazione di una legge ordinaria che ratifichi la volontà popolare. E poi la palla passerà alle regioni. Se invece il quorum non sarà raggiunto la provincia resterà in Piemonte, ma un buon numero di sì potrebbe servire per fare pressioni sulla regione.

PER ORA IL PRESIDENTE Chiamparino e la sua giunta difendono la piemontesità del Vco e negano la marginalità riservata alla provincia più periferica della regione. Il presidente della Lombardia Fontana dopo aver affermato che aspetta a braccia aperte la provincia durante la Lega-Fest ossolana, ha evitato altri commenti. Un referendum passato a tempo di record, una celerità che ha sorpreso persino il promotore Valter Zanetta, appena passato da Forza Italia alla Lega. «Strana efficienza», aveva commentato il presidente della provincia, Stefano Costa (Pd), preoccupato soprattutto dei costi (400 mila euro).

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Indire un referendum per una piccola provincia – le province non dovrebbero nemmeno più esistere – mentre si parla di macroregioni europee sembra un’assurdità, ma coincide con il risorgere di nazionalismi, che fanno leva, in questo caso, più che su spinte identitarie su interessi economici. E per l’Ossola è anche un ritorno a vecchie aspirazioni autonomiste con il riemergere dell’Unione ossolana per l’autonomia (Uopa) fondata nel 1978, poi sopita con la creazione della nuova provincia del Vco nel 1992 e che ora fa campagna per il sì. «L’Ossola – sostiene l’Uopa – per cultura, lingua, usi, costumi, storia, interessi economici e sociali, vie di comunicazione è da sempre Lombardia».

QUALCHE RAGIONE C’È: il territorio faceva parte del Ducato di Milano dal 1381, finché nel 1743, col trattato di Worms , è passato al Piemonte. Cultura, storia e vie di comunicazione sono indubbiamente legati alla Lombardia. Basti guardare l’orario dei treni: per andare da Domodossola a Torino occorre passare per Milano. Era stato il presidente Cota (leghista) in vena di tagli a eliminare anche l’unico treno che collegava una volta al giorno Domodossola con Torino. E le vie di comunicazione contano: per studiare si va all’università di Milano non certo a Torino.

Ma c’è un’altra specificità del Vco, l’orgoglio della Repubblica dell’Ossola e dei partigiani che combatterono per questo lembo di terra incastrato tra due cantoni svizzeri, e che poi parteciparono alla liberazione di Milano. Subito dopo la liberazione, il presidente della Giunta Provvisoria della Repubblica, Ettore Tibaldi, riteneva che dovesse far parte della Lombardia, così come il comandante militare della brigata Garibaldi Gastone «Ciro» (che proprio per questo era stato isolato nel Pci). A difendere questa eredità oggi è il partigiano «Ranca» che voterà per la Lombardia perché «noi (faceva parte della VIII brigata Matteotti) siamo andati a liberare Milano e non Torino». Questa è una terra dove la memoria della resistenza è ancora viva, a differenza di quando avviene altrove, e vive attraverso le molte iniziative dell’Anpi e della Casa della resistenza. Dove spesso si incontrano compagne e compagni che hanno, fin dall’inizio, costituito circoli de il manifesto.

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LE DIVISIONI SUL REFERENDUM sono trasversali ai partiti con l’eccezione del Pd che dà indicazione di votare no. Per Forza Italia libertà di voto, ma anche no. Movimento 5 stelle e Lega non danno indicazioni, ma essendo il promotore del referendum Zanetta della Lega, qualche influenza c’è. Leu rivendica «la legittimità della non partecipazione» e anche i comunisti sono per l’astensione.
Comunque, che il passaggio da una regione all’altra possa risolvere i problemi di una provincia così emarginata è difficile da immaginare.

I temi a favore del sì sono: il mantenimento in provincia dei canoni idrici (18 milioni di euro, il Piemonte ne trasferisce solo 4-5), la diminuzione dell’Irpef, il bonus benzina per le zone di confine. Invece più alto in Lombardia è il canone per l’escavazione di pietre ornamentali, di cui la provincia è ricca. Una risorsa per entrambe le regioni è il turismo del Lago maggiore e d’Orta.

UN TEMA DIVISIVO è quello della sanità: c’è chi sostiene l’eccellenza piemontese e chi quella lombarda. Chi dice che passare con la Lombardia bloccherebbe il progetto dell’ospedale unico per la provincia che dovrebbe essere costruito a partire dal 2019 a Ornavasso. Si tratta di un progetto pubblico-privato, dove per ora le risorse pubbliche sono circa 43 milioni (135 li dovrebbe mettere il privato). La diatriba tra ospedale unico o plurisede va avanti dal 2000. Nel frattempo i tre ospedali esistenti sono in grande sofferenza.

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Non c’è dubbio che il ricorso al referendum è anche frutto del disagio di una provincia che è stata privata di quasi tutte le produzioni industriali e sopravvive oltre che per il turismo per la vicinanza con la Svizzera. 6mila frontalieri attraversano ogni giorno la frontiera per andare a lavorare o in Ticino o nel Vallese, ma spendono lo stipendio in Italia. Il cambio favorevole al franco svizzero favorisce inoltre il commercio, soprattutto a Domodossola, sempre più «invasa» da svizzeri.

 

il manifesto 21 ottobre 2018

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