Il nuovo governo cammina sul filo

Attesa e scetticismo sul nuovo governo di unità nazionale. 26 ministri e 14 segretari di stato, 8 donne. A una donna indipendente il ministero delle Finanze e la sfida più difficile.

Il nuovo governo cammina sul filo
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Giuliana Sgrena Modifica articolo

23 Agosto 2016 - 23.17


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La formazione del nuovo governo tunisino annunciata sabato pomeriggio dal premier incaricato Youssef Chahed è il risultato di un esercizio di grande equilibrismo politico. Si tratta di un governo di unità nazionale – il nono dalla rivoluzione del 2011 – che per poter entrare in carica dovrà ottenere la fiducia del parlamento, che probabilmente sarà convocato entro la fine di agosto.
Accolto con speranza anche se senza grande entusiasmo, i tunisini aspettano di mettere il governo alla prova. Non sarà facile soddisfare le aspettative vista l’eterogeneità della sua composizione. Qualcuno l’ha chiamato governo di sinistra-destra, altri di destra-sinistra.
Comunque lo si guardi risulta difficile immaginare su quale compromesso riusciranno a mettersi d’accordo ministri islamisti di Ennahdha con esponenti della sinistra. Ma mentre gli islamisti sono riusciti a far pesare il loro appoggio imponendo una mezza dozzina di loro esponenti compreso il segretario di Ennahdha, Ziad Laâdheri, al ministero dell’industria, la rappresentanza di sinistra sarebbe poco più che simbolica, ma necessaria per ottenere la fiducia. Tra gli esponenti di sinistra Samir Taieb della Voce democratica e sociale (al Massar, partito formato da esponenti di Ettajdid e del Polo democratico e modernista), formazione nata dal Polo democratico, ottiene il ministero dell’agricoltura. Tuttavia la copertura a sinistra è molto stretta, il governo si scontrerà infatti con l’opposizione del Fronte popolare e non solo.
Le forze di governo si dicono certe della fiducia rappresentando l’85 per cento delle forze politiche presenti in parlamento. Le stesse forze che hanno dato vita all’Accordo di Cartagine che stabilisce le linee d’impegno del nuovo governo: lotta al terrorismo, alla corruzione e al contrabbando, crescita economica, controllo degli equilibri finanziari, lotta all’inquinamento e tutela dell’ambiente nell’ambito di uno sviluppo sostenibile.

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Il governo dovrebbe contare non solo sui partiti ma anche sul sindacato Ugtt (Unione generale dei lavoratori tunisini) che ha ottenuto due ministri – Mohamed Trabelsi e Abid Briki – anche se non è detto che la scelta dei ministri sia condivisa dal corpo sindacale e dell’Utica, la confindustria locale. Pare che a volere Briki sia stato il presidente della repubblica Caid Essebsi proprio per dare voce alla sinistra.

Una formazione così ampia – 26 ministri e 14 segretari di stato – riuscirà ad accontentare tutti? Non si tratta solo di nomi nuovi, infatti sono stati confermati nove ministri del vecchio governo tra i quali il ministro della difesa, Farhat Horchani, dell’interno, Hédi Majdoub, e degli esteri, Khémaies Jhinaoui.

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Sebbene Youssef Chahed abbia dovuto subire le pressioni dei partiti – soprattutto il suo Nida Tounes, centrista e laico – è riuscito ad inserire anche personalità indipendenti, soprattutto tecnocrati, come Lamia Zribi al ministero delle Finanze. A Zribi toccherà un compito difficile ed estremamente importante considerando le condizioni in cui versa la Tunisia. In totale sono otto le donne che fanno parte della nuova compagine governativa, sette vivono in Tunisia, una sola porta il velo ed è la deputata di Ennahdha, l’unica che viene dalla Francia perché eletta nella circoscrizione di Parigi, Saida Ounissi, nominata segretaria di stato per la formazione professionale. Ad alimentare la speranza dei tunisini è anche l’età dei nuovi ministri, 14 sono giovani, di cui cinque sotto i 35 anni. Del resto anche il premier ha solo 40 anni. Una scelta in netto contrasto con il passato.

La strada invece è ancora lunga per raggiungere quella parità di genere auspicata nei dispositivi che hanno accompagnato l’approvazione della costituzione. Le associazioni delle donne dopo aver ottenuto il varo della legge contro la violenza e le molestie sessuali ora sono mobilitate per ottenere la parità nell’eredità e la possibilità di sposare un non musulmano. Nell’islam gli uomini possono sposare una donna purché appartenga alla religione del libro, ma le donne no. Ottenerlo non sarà facile con il rafforzamento di Ennahdha nel governo. Recentemente gli islamisti hanno lanciato una campagna per la proibizione dell’alcol, continuando anche le intimidazioni contro le donne che portano abiti troppo succinti, una ragazza che portava i pantaloncini è stata portata in commissariato.

I giochi politici non termineranno con l’approvazione del governo Chahed ed è proprio l’instabilità dei partiti a costituire la maggiore sfida. La decisione di formare un governo di unità nazionale, sostenuta dal presidente Caid Essebsi, si era resa necessaria in seguito al dissanguamento del partito Nida Tounes dello stesso presidente che aveva vinto le elezioni del 2014 con 86 seggi ma poi ne aveva persi 23 in seguito alla scissione di deputati dissidenti che hanno formato il nuovo gruppo parlamentare al Horra. E così Ennahdha con 69 seggi è tornata ad essere il primo partito in parlamento. Con tutte le conseguenze che questo comporta.

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Il successo del governo si misurerà soprattutto sulla capacità di far fronte ai problemi economici del paese. Nonostante le difficoltà nel settore del turismo a causa del terrorismo e della riduzione della produzione mineraria e industriale per le proteste dei lavoratori che non ottengono risposte alle loro rivendicazioni, i buoni risultati del 2015 nell’agricoltura hanno permesso alla Tunisia di ottenere una crescita dello 0,5 per cento. Secondo il rapporto 2016 di Perspectives économiques en Afrique per la Tunisia le previsioni parlano di una crescita del 2 per cento nel 2016 e 2,4 nel 2017. Ma a pesare sulla situazione socio-economica del paese è la disoccupazione e la disparità tra le varie regioni del paese. Il rapporto sottolinea anche il tasso di indebitamento del paese che dopo il 2010 è aumentato di circa il 32 per cento, al ritmo di circa il 5,3 per cento all’anno, un tasso quasi triplo rispetto alla crescita media dell’economia del 2 per cento.

Sarà proprio una donna, Lamia Zribi, ad affrontare la sfida più difficile del governo e del paese.

il manifesto 23 agosto 2016
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