Era il 14 febbraio 2012, faceva freddo, ma dovevo assolutamente andare a trovare Gabriella, una mia cara amica, consumata da un male che non perdona.
Avevamo deciso di stare insieme tutto il giorno, noi due sole, come avevamo fatto tante volte. Fuori nevicava – non succede spesso a Roma –, una neve soffice che Gabriella guardava assorta dalla finestra. Era tutta truccata, come faceva ogni giorno, non ha mai voluto lasciarsi andare, e in testa si era avvolta un pareo arancione a mo’ di turbante. Abbiamo scherzato, per quell’atteggiamento da “femme fatale”, l’ho ripresa con il cellulare, anche se la vera, e brava, fotografa era lei. Sembrava stesse bene, ma non ha mai detto di stare male, ma alla fine quando mi ha detto “amiguita (il nostro amore comune era la Spagna) sono contenta di aveva passato una giornata con te”, ho sentito un grande dolore.
Il giorno dopo sono partita per Amburgo e non l’ho vista più. Conservo quella foto ma non oso più guardarla. Di recente sono stata a Venezia – sua città natale – e mentre osservavo la laguna, dove sono state sparse le sue ceneri, ho avuto l’impressione di vedere un pareo arancione portato via dal vento.
Gabriella, un anno fa
Era il 14 febbraio 2012, faceva freddo, ma dovevo assolutamente andare a trovare Gabriella, una mia cara amica, consumata da un male che non perdona.
Avevamo deciso di stare insieme tutto il giorno, noi due sole, come avevamo fatto tante volte.
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17 Febbraio 2013 - 14.38
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