Algeria e Francia, alleati nella guerra in Mali

La guerra al terrorismo scatena la prima guerra postcoloniale in Africa. Ma l''effetto devastante ha già colpito l''Algeria che ha reagito con un massacro al mega sequestro'

Algeria e Francia, alleati nella guerra in Mali
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18 Gennaio 2013 - 14.10


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La guerra al terrorismo ha scatenato la prima guerra postcoloniale in Africa. Una guerra che aprirà nuove ferite difficilmente rimarginabili, con i massacri che sta già producendo.

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Per la prima volta la potenza colonizzatrice (Francia) e il paese colonizzato(l”Algeria) si trovano schierati sullo stesso fronte. È un fatto inedito: i due paesi non solo stanno dalla stessa parte ma l”Algeria ha garantito lo spazio aereo ai caccia francesi che vanno a bombardare gli islamisti (e i civili) nel nord del Mali. La colonizzazione francese in Algeria è stata una delle più lunghe (132 anni) e atroci, così come drammaticamente sanguinosa (1 milione e mezzo di morti) è stata la guerra di liberazione algerina durata sette anni (1954-1962). Una colonizzazione che ha sempre pregiudicato i rapporti tra i due paesi. Finora.

Il presidente Hollande nella sua campagna elettorale e dopo la sua elezione aveva mostrato particolare interesse alle relazioni con l”Algeria, visitata alla fine di dicembre. Allora aveva parlato di «memorie diverse mada rispettare» anche se non aveva fatto autocritica per massacri e torture. Ma evidentemente quella visita aveva posto le basi per la guerra in Mali. Nonostante l”Algeria si fosse sempre dichiarata contraria a una internazionalizzazione del conflitto e favorevole al dialogo sponsorizzato dal Burkina Faso.

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Una guerra che ha esposto più l”Algeria della Francia, pur minacciata
dagli islamisti di Ansar Eddine. L”Algeria è un obiettivo più vulnerabile con i suoi 1.376 chilometri di confine desertico con il Mali e 982 con la Libia.
Del resto l”attività dei jihadisti in Mali è stata il prolungamento della guerra libica che ha portato alla caduta di Gheddafi. Non a caso l”attacco alle fonti energetiche algerine – base petrolifera di Tinguentourine e campi di gas di In Amenas – è avvenuto proprio ai confini con la Libia. Il gruppo Moulathamines (firmatari con il sangue, legati ad al Qaeda), che ha rivendicato l”attacco chiede la fine della guerra in Mali. E per raggiungere l”obiettivo ha colpito due dei sostenitori dei francesi: gli algerini e i britannici, attraverso le due compagnie petrolifere Sonatrach e British petroleum. Naturalmente l”effetto più dirompente è sull”Algeria che vede riproporsi lo spettro della minaccia islamista sui pozzi petroliferi, la principale risorsa del paese, dove sono impegnati anche molti stranieri.

A riavvicinare i nemici storici (Francia e Algeria) è stata proprio la lotta al terrorismo, che negli anni 90 aveva invece diviso l”Algeria dai difensori dell”islamismo politico europei. Dopo l”11 settembre la situazione è cambiata: l”occidente ha scoperto il terrorismo islamico e tutti i musulmani sono diventati potenziali terroristi. Allora è cominciata la lotta al terrorismo con la quale si giustificano guerre (Afghanistan, Iraq, Mali) e violazioni di convenzioni internazionali e dei diritti umani (Guantanamo, Baghram, etc.). Ma il terrorismo non si vince con le armi: in Algeria è stata la resistenza delle forze democratiche (soprattutto le donne) a sconfiggere psicologicamente i terroristi. Poi il presidente algerino Abdelaziz Bouteflika con la legge del perdono (concordia nazionale) ha reintegrato i terroristi che hanno deposto le armi, gli altri sono andati a costituire Al Qaida nel Maghreb islamico, che ha le proprie basi nel Sahel e soprattutto in Mali.

Qui è stata prima strumentalizzata la lotta per l”indipendenza dei tuareg, finché il Movimento nazionale di liberazione dell”Azawad non ha sancito la rottura con gli islamisti che hanno preso il sopravvento nell”occupazione del nord del paese. Il nord del Mali è diventato il centro di smistamentodi armi e droga, oltre che di riscatti degli ostaggi.

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Il business degli ostaggi è la principale fonte di finanziamento del gruppo guidato da Mokhtar bel Mokhtar, nato a Ghardaia nel centro dell”Algeria, che grazie al suo impegno per il jihad ha reclutato mujahidin afghani e vari jihadisti libici. L”«imprendibile» ha dato una legittimità alla propria attivitàcriminale prendendo il nome dell”eroe della lotta anticoloniale libica. La Francia e i suoi sostenitori, con il miraggio dell”uranio e altre materie prime, rischiano di impantanarsi in una nuova palude. E l”Algeria di vedere risorgere quel terrorismo che la «legge del perdono» aveva solo sopito permettendo ai terroristi di sfruttare il loro bottino di guerra. Gli irriducibili si sono rifugiati in Mali ma la guerra potrebbe costringerli ad attraversare nuovamente la frontiera.

il manifesto, 18 gennaio 2012

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