Sofa, il ritiro dei marine

ritiro entro la fine del 2011. Non c''è accordo sull''impunità'

Sofa, il ritiro dei marine
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18 Ottobre 2008 - 11.52


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Il tempo stringe. Mancano meno di tre settimane alle elezioni americane: occorre sancire un accordo bilaterale sulla presenza militare Usa in Iraq. Non solo a scopo elettorale, ma anche perché alla fine dell”anno scade il mandato Onu che ha avallato l”occupazione. La bozza «definitiva» del Sofa (Accordo sullo status delle forze militari) è pronta anche se non ancora ufficiale. Il segretario alla difesa Robert Gates, Condoleezza Rice e il consigliere per la sicurezza nazionale di Bush, Stephen Hadley, stanno premendo sul Congresso, dopo aver illustrato ad alcuni esponenti l”accordo, per ottenerne l”ok, che tuttavia non è affatto scontato. Rice sta anche premendo sui leader iracheni. Ieri a Baghdad ne doveva discutere il Consiglio per la sicurezza, che oltre al premier al Maliki comprende il presidente Talabani e i suoi due vice.Dopo discussioni di mesi i contrasti sono stati dunque appianati? Per il ministro degli esteri iracheno Hoshyar Zebari, interpellato dalla Bbc, «Il testo è pronto, ognuno ha strappato il massimo, non ci possono essere altri negoziati. Tutte le questioni in sospeso sono state risolte, quello di cui abbiamo bisogno ora è una decisione forte: lo vogliamo o no?».Gli ostacoli maggiori alla conclusione dell”accordo erano il piano per il ritiro delle truppe e l”impunità dei militari usa e dei contractor. Gli americani hanno accettato di ritirare le truppe da combattimento dalle città irachene nel giugno 2009 e di lasciare il paese alla fine del 2011, a meno che il governo iracheno chieda loro di restare. Naturalmente il ritiro riguarda solo le truppe da combattimento, un contingente rimarrà comunque, per altri compiti.Il secondo ostacolo era quello dell”impunità dei soldati e dei contractor: immunità che, se accordata, per gli iracheni significherebbe una rinuncia alla propria sovranità. Il compromesso raggiunto consisterebbe nell”affidare alla giustizia irachena i soldati e contractor che commettano «crimini gravi e premeditati» al di «fuori» del loro servizio e delle loro basi, dopo approvazione da parte di un comitato americano-iracheno. Saranno dunque puniti gli stupri e i massacri, come quello avvenuto a Mahmoudiya nel 2006 quando i soldati avevano violentato una ragazzina di 14 anni e poi l”avevano ammazzata insieme a tutti i suoi familiari? Probabilmente no, perché i soldati erano in servizio. È già successo che di fronte a denunce di stupri il comando Usa abbia liquidato le donne irachene definendole puttane. Gli iracheni, che ora generalmente fanno ricorso al delitto d”onore per salvare la rispettabilità della famiglia, riusciranno invece a portare in tribunale i soldati americani? Lecito dubitarne. Per il resto sarà difficile distinguere se un soldato è in servizio o meno visto che quando sparano su civili i soldati lo fanno perché sono in guerra. I militari perseguiti dalla giustizia irachena verrebbero comunque tenuti in custodia dagli americani. Nonostante queste condizioni il senatore Carl Levin, presidente del comitato del Senato per il servizio militare, si mostra «scettico rispetto a qualsiasi accordo che voglia sottoporre militari americani alla giurisdizione di tribunali iracheni nel mezzo di una guerra caotica». Sono ancora 18.000 gli iracheni nelle carceri americane, la maggior parte per detenzione «amministrativa». Se però il Sofa sarà approvato gli americani non potranno più tenere in prigione iracheni senza formulare una accusa.Tuttavia non è scontato che questo accordo venga approvato, né negli Usa, sebbene formalmente non serva un voto del Congresso, né da parte del parlamento iracheno, dove invece il voto è richiesto.Contrari all”accordo con gli americani vi sono sia sunniti che sciiti. A sollevare critiche è stato il grande ayatollah Ali al Sistani, massima autorità sciita, per il quale un accordo deve avere innanzitutto l”appoggio del popolo. E per dimostrare la mancanza di questo appoggio, il leader sciita radicale Muqtada al Sadr ha lanciato un appello a manifestare oggi in piazza a Baghdad.Muqtada attualmente vive in Iran e anche i leader iraniani non approvano l”accordo, anche se non è dimostrata la denuncia del generale Usa Odierno che Tehran pagherebbe deputati sciiti per votare contro. L”opposizione non è solo sciita: un consiglio di leader religiosi sunniti ha emesso una fatwa (sentenza religiosa) contro l”accordo. I timori riguardano soprattutto l”impunità dei soldati americani che il compromesso raggiunto non risolverebbe. Una concessione però è stata fatta agli iracheni: il controllo del loro spazio aereo, peccato che non abbiano gli strumenti per realizzarlo. ‘

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