Malalai Kakar, ultima vittima del talebanismo

La poliziotta freddata dai taleban a Kandahar

Malalai Kakar, ultima vittima del talebanismo
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30 Settembre 2008 - 11.52


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Malalai Kakar, è una vittima del terrorismo, fomentato da quel fondamentalismo islamico che non riconosce i diritti del genere femminile. Ma nell”Afghanistan del dopo taleban, dopo sono ancora i taleban a dettare legge insieme ad altri signori della guerra non meno fondamentalisti, la figura di Malalai non sarà celebrata dal potere. A farlo invece saranno le donne, anche quelle che non hanno il coraggio di esporsi come Malalai, che ha osato sfidare i fondamentalisti sul terreno più arduo, quello della giustizia per le donne e per di più nella città roccaforte dei taleban, Kandahar. Quei taleban che hanno rivendicato l”assassinio. Malalai Kakar dirigeva il dipartimento crimini contro le donne nella città di Mullah Omar, dove le donne continuano a essere minacciate solo per il fatto di lavorare. Ne abbiamo incontrate tante, e tante hanno trovato ascolto da Malalai, mentre ora probabilmente dal dipartimento crimini saranno rispedite a casa e abbandonate alla loro sorte. Una sorte spesso tremenda: in Afghanistan la violenza contro le donne, iniziata con l”arrivo dei mujahidin nel 1991, non è mai cessata, aumentano il numero delle donne che si suicidano o che vengono acidificate. In Afghanistan per le donne non ci sono diritti, non c”è giustizia e non c”è protezione per chi ha il coraggio di sfidare il talebanismo, o di denunciare la corruzione dei signori della guerra come continua a fare Malalai Joya, deputata di Farah, già sfuggita a diversi attentati. Sono molte le Malalai (già il nome in Afghanistan è un simbolo storico di coraggio, ereditato da una donna che si era battuta contro l”occupazione britannica) che lottano per i loro diritti. Le donne afghane non sono nate con il burka in testa. I diritti delle donne in Afghanistan erano stati sanciti dal re Amanullah, negli anni ”20: abolizione del velo e diritto allo studio. Anche allora i fondamentalisti aveva reagito contro il re. Ma anche re Zahir Shah aveva difeso i diritti delle donne. Malalai Kakar era invece diventata poliziotta al tempo dell”occupazione sovietica, che aveva commesso molte nefandezze ma per quanto riguarda le donne ne aveva promosso l”emancipazione. Con la vittoria del fondamentalismo islamico, sponsorizzato dagli Usa, non c”è più stato spazio per le donne. Malalai Kakar, con l”arrivo dei talebani, era andata in esilio in Francia, per poi tornare a Kandahar dopo la loro caduta, forse illudendosi di poter riprendere il proprio posto nella società. Nonostante le difficoltà, le minacce di morte, gli attentati sventati, lei il suo posto l”aveva ripreso non solo per se ma soprattutto per le altre. Tante come lei, madre di sei figli uno dei quali è stato gravemente ferito, ma non per questo chiusa dentro le mura di casa. Non bastano le condoglianze, un pensiero che svanisce, per ricordare Malalai, chi dice di voler combattere il terrorismo deve proteggere le donne che più di altre lo combattono. Donne come Malalai combattono l”ideologia che sorregge i taleban, ne minano le fondamenta, mentre chi bombarda con gli aerei villaggi non scalfisce minimamente il talebanismo, anzi lo alimenta. ‘

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