Obama prepara il dopo Bush

Il candidato democratico a Baghdad, dopo Kabul

Obama prepara il dopo Bush
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22 Luglio 2008 - 11.52


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Obama punta sull”Afghanistan per la «lotta al terrorismo» mentre l”Iraq punta su Obama per fare pressione su Bush per un impegno al ritiro dall”Iraq. In entrambi i casi si tratta soprattutto di mosse elettorali, sebbene la visita del candidato democratico alla presidenza Usa in Afghanistan e Iraq si sia realizzata come delegazione del congresso (con lui c”erano il senatore democratico Jack Reed di Rhode Island e il repubblicano Chuck Hagel del Nebraska). L”accoglienza riservatagli dal presidente afghano Hamid Karzai, dal premier iracheno Nouri al Maliki e dal presidente Jalal Talabani sono state calorose. Leader afghani e iracheni guardano al futuro degli Stati uniti, che hanno garantito loro il potere, perché, comunque vada, Bush è ormai agli sgoccioli con il suo mandato.E Karzai ha bisogno di nuovi aiuti per far fronte ai taleban mentre al Maliki ha bisogno di una promessa di ritiro delle truppe Usa (anche i 16 mesi promessi da Obama possono andar bene avrebbe detto in una intervista poi smentita in seguito alle reazioni suscitate in Iraq e negli Usa) per contenere la forza del leader sciita radicale Muqtada al Sadr nelle elezioni amministrative di ottobre. Dopo averlo attaccato militarmente, senza comunque distruggerne la forza e l”appoggio, al Maliki passa all”offensiva politica – il ritiro delle truppe americane è un cavallo di battaglia di Muqtada – con l”appoggio di Obama che ha cominciato la sua visita in Iraq da Bassora, la capitale del sud, seconda città irachena e una delle roccaforti di Muqtada. A Bassora mille soldati americani hanno sostituito i britannici che si sono ritirati.Poi il candidato democratico è arrivato a Baghdad, per la prima volta la visita di un leader americano era stata annunciata, anche se comprensibilmente non nei dettagli. Dopo un «incontro costruttivo» con il premier Nuri al-Maliki, ha parlato con uno dei suoi vice Tariq al-Hashimi leader di Tawafiq, il maggior gruppo islamico sunnita in parlamento, appena rientrato nel governo dopo circa un anno di boicottaggio. Un rientro favorito dalla linea dura adottata al premier nei confronti di Muqtada.E poi il presidente Talabani. Gli incontri di Obama sono un segnale che la visita è stata accuratamente preparata per rassicurare le varie componenti irachene: sciite, kurde e sunnite. Obama chiede agli iracheni di assumere maggiori impegni per la sicurezza mentre gli iracheni vogliono rassicurazioni sul recupero della sovranità. Naturalmente Obama ha incontrato l”ambasciatore americano Ryan Crocker e il generale David Petraeus, considerato l”artefice del miglioramento delle condizioni di sicurezza in Iraq, che tuttavia lo stesso generale ha definito ancora «fragili». Le valutazioni sulle condizioni dell”Iraq sembrano rispondere più all”agenda di Bush che alla realtà. Intanto il ritrovato spirito «nazionalista» dei leader iracheni ha allontanato la possibilità di arrivare alla firma di un accordo di assistenza militare strategica che Bush avrebbe voluto entro il 31 luglio.«Non ci sarà un”altra colonizzazione dell”Iraq» ha dichiarato per la prima volta così esplicitamente in una conferenza stampa, il 2 luglio scorso, il ministro degli esteri iracheno, il kurdo Hoshyar Zebari, affermando che un accordo per la sicurezza con gli Usa non sarà probabilmente raggiunto entro l”anno, forse sostituito da un patto a breve termine. Che dovrebbe entrare in vigore dopo la scadenza del mandato Onu il 31 dicembre. I punti di scontro emersi sull”accordo, che sembrava ormai raggiunto, sono la richiesta di un controllo iracheno sulle operazioni dei soldati americani e la contestazione del diritto dei militari Usa di arrestare persone sospette senza l”autorizzazione delle autorità irachene. Altro oggetto del contendere il controllo dello spazio aereo, anche se per ora gli iracheni non hanno gli strumenti per farlo, rinunciarvi vorrebbe dire lasciare agli Usa il diritto di stabilire chi può volare o meno.L”unico punto su cui gli americani hanno ceduto è quello dell”immunità per i contractor. I contractor in Iraq hanno una pessima nomea per il loro uso spregiudicato della violenza contro la popolazione civile in particolare dopo che i famigerati Blackwater (contractor che proteggevano l”ambasciatore Negroponte e proteggono altri diplomatici e altri uomini d”affari) lo scorso autunno hanno sparato a Baghdad uccidendo 17 iracheni. Il problema è politico, ha detto ancora Zebari: Noi abbiamo elezioni qui e loro hanno elezioni lì». E tutti sono in campagna elettorale. ‘

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