Bentornata Ingrid

lettera a ingrid

Bentornata Ingrid
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8 Luglio 2008 - 11.52


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Cara Ingrid la notizia della tua liberazione, tanto attesa e auspicata, è stata comunque una bellissima sorpresa. E” come se tutti, quelli che hanno lottato per la tua libertà, spesso con un grande senso di impotenza, fossimo un po” più liberi, con un peso in meno, un po” più leggeri. Le tue prime immagini così vive e gioiose comparate a quella Ingrid prostrata, sofferente, malata, della prigionia sono sicuramente un regalo che appaga le sofferenze tue e dei tuoi cari. Avevo incontrato tua madre Yolanda qualche mese fa a Roma, una donna forte, piena di fiducia, instancabile, che lasciava intravedere una grande capacità di resistenza, che hai avuto anche tu e i tuoi figli. Resistere, te lo avevo detto in un messaggio che forse non ti è mai arrivato, è l”unica possibilità che si ha in quelle condizioni, resistere quando le forze si affievoliscono, quando la speranza non rappresenta più un richiamo, quando il corpo è sfinito e sembra ti stia abbandonando, quando la mente vaga senza meta e ti sembra di impazzire, resistere per te, per chi ti vuole bene. Resistere per sopravvivere. Sopravvivere per vedere il mondo che ci viene negato dai sequestratori, che in nome di una causa che proclamano giusta si macchiano di una pratica disumana quale il sequestro di civili. Il mondo fuori dalla giungla, che ti sarà sembrato meraviglioso, da quel terribile 23 febbraio 2002 (più di sei terribili anni) è cambiato, ma in peggio. Avrai il modo di verificarlo, purtroppo. Non solo in Colombia, ma un po” ovunque: fame, crisi alimentare, ambiente, guerra. La guerra in Afghanistan allora era già cominciata e continua a mietere vittime, mentre la guerra in Iraq sarebbe stata scatenata un anno dopo il tuo sequestro e sta ancora distruggendo un paese, culla di antiche civiltà, per la conquista dell”oro nero e non solo. L”elenco sarebbe molto lungo ma non voglio rendere ancora più difficile il tuo ritorno alla libertà. Svanita l”euforia comincia un lungo processo di riadattamento che deve fare i conti con l”accanimento di chi vuole sapere, scavare nella tua intimità, nel tuo dolore. Diventa difficile difendersi di fronte all”assalto mediatico, ai tentativi di strumentalizzazione, alle speculazioni politiche. Dovrai ancora resistere, di fronte a un “nemico” meno visibile. Sei anni sono tremendamente lunghi, il contatto con la morte cambia il rapporto con la vita, la propria e quella degli altri. Ma chi ci sta intorno non lo sa, non lo prende in considerazione. E anche chi ha lottato per la nostra liberazione non vuole fare i conti con la nostra realtà. La resistenza dunque non è finita, non finirà mai. E forse non potrebbe essere diversamente. Resistere con quella fragilità che ci è rimasta dentro mentre siamo circondati da chi ci vuole buttare sullo schermo, sul palcoscenico, proprio nel momento in cui avremmo più bisogno di intimità. Nessuno vuole accettare chi siamo rimaste o chi siamo diventate, tutti sembrano avere il diritto di interpretarci. Improvvisamente si scopre che anche vivere la libertà è difficile: com”è possibile che anche la libertà ci possa impedire di essere completamente libere? Comunque la libertà anche se limitata non ha prezzo, la cattività è una esperienza terribile anche se si sopravvive. Non voglio amareggiare questi meravigliosi momenti e spero di poterti incontrare un giorno non lontano.’

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