Violenza sessuale in aumento nell''Iraq occupato'

Un rapporto di Human rights watch denuncia il peggioramento della condizione della donna dopo la guerra

Violenza sessuale in aumento nell''Iraq occupato'
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16 Luglio 2003 - 11.52


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Erano le quattro del pomeriggio del 22 maggio quando Saba, nove anni, è stata rapita sulle scale della casa dove vive, a Baghdad, trascinata in un edificio abbandonato, poco lontano, e stuprata. L”ha trovata un amico di famiglia, dopo la violenza, sanguinava dalla vagina, e continuava a sanguinare due giorni dopo quando finalmente è stata portata all”ospedale. Il rapporto del medico militare americano, Monica Casmaer, che ha visitato la bambina sei giorni dopo lo stupro, insieme ad un pediatra, parla di lacerazioni vaginali e di imene strappato. Ferite gravi, soprattutto considerando il tempo trascorso dalla violenza. Un”altra donna curata dalla dottoressa Casmaer è stata rapita mentre tornava a casa dal supermercato in pieno giorno, il 12 maggio, portata via e stuprata, da sconosciuti.E ancora. «Ero qui, sulle scale, davanti la porta, quando una Volkswagen, dal colore sembrava un taxi, si è fermata. E” sceso un uomo che mi ha chiesto di qualcuno, che non conoscevo», racconta Salma, 49 anni. «Mia figlia era al piano di sopra, io ero al pian terreno. Sono apparsi altri tre uomini, in tutto erano quattro. Erano armati, mi hanno puntato la pistola e mi hanno costretta a seguirli. Urlavo e dicevo di togliermi la pistola, anche mia figlia urlava. Mi hanno spinto dentro la macchina e hanno cominciato a sparare contro la casa, più di cinquanta colpi. Anche i vicini hanno cominciato a sparare ma senza riuscire a fermare i miei rapitori». Poi Salma racconta di come l”hanno portata via, picchiata, ustionata con l”acqua calda e le sigarette, prima di stuprarla ripetutamente, almeno in dieci. Lei li ha supplicati di lasciarla andare, perché il figlio piccolo non poteva stare da solo. La mattina dopo è stata abbandonata in un luogo sconosciuto di Baghdad. Era scioccata. Teme che i suoi violentatori ritornino, ogni volta che un taxi si ferma davanti a casa è terrorizzata, di notte non dorme. Ha paura per sé e per la figlia di diciotto anni, che non lascia più uscire di casa. Il rapimento di Salma potrebbe anche essere una rappresaglia contro persone legate all”ex regime di Saddam perché la donna vive vicino ad un uomo ricco che ha sempre fatto affari con «gente di Tikrit» (la città natale dell”ex rais).La storia della quindicenne Muna arriva invece da Bassora. Era stata rapita con due sorelle (una di undici e l”altra di sedici anni), ed è rimasta sequestrata per quattro settimane prima di riuscire a fuggire, l”8 giugno. Con loro c”erano anche altri sette bambini (tre femmine e quattro maschi, tutti tra i cinque e gli undici anni). Era stata separata dalla sorella quando quest”ultima è stata stuprata. Tra i rapitori c”era anche una donna, e molti altri uomini venivano a vederli, trattavano, ma alla fine il prezzo non veniva discusso in loro presenza. Muna è convinta che si trattasse di trafficanti di bambini.Queste sono solo alcune delle testimonianze raccolte (sotto falso nome, naturalmente) dall”organizzazione per i diritti umani americana, Human rights watch (www.Hrw.org), e inserite in un rapporto di diciassette pagine: «Clima di paura: violenza sessuale e rapimenti di donne e bambine a Baghdad».La condizione delle donne è un altro capitolo raccapricciante dell”Iraq sotto occupazione. L”insicurezza che pervade Baghdad e le altre città irachene impedisce alle donne una normale vita pubblica: hanno paura e così le bambine non vanno a scuola e le donne non vanno al lavoro e se non ce l”hanno non lo cercano. Si tratta di un arretramento rispetto al regime dittatoriale di Saddam. Non si tratta solo di paura, sebbene non siano ancora disponibili statistiche è opinione diffusa che vi sia stato un notevole incremento delle violenze sessuali dall”inizio della guerra. A una stazione di polizia, un poliziotto iracheno intervistato da Hrw sostiene che prima della guerra nel suo ufficio registravano in media una denuncia per stupro ogni tre mesi, mentre si sono già verificati numerosi casi nelle settimane seguite alla guerra. Dati che non vengono confermati dall”Istituto forense di medicina, incaricato prima della guerra di convalidare tutte le denunce per stupro – da diciassette a venti al mese. Dopo la guerra è stato registrato solo un caso, ma il direttore dell”istituto Faek Amin Bakr, ammette che alcune vittime sono state respinte e che è stato significativamente ridotto l”orario di apertura per motivi di sicurezza. Molti casi non vengono nemmeno denunciati. Per le vittime non è facile rivolgersi alle stazioni di polizia, dove vi sono generalmente solo uomini, quindi si scontrano con una mentalità maschilista. I poliziotti non sono interessati a registrare casi di violenza sessuale, nel migliore dei casi, in altri accusano le vittime di essere prostitute o, comunque, non si impegnano a condurre delle investigazioni appropriate. Molte volte, addirittura, il fascicolo si perde. Il 17 giugno, due donne hanno denunciato alla polizia militare Usa e a quella irachena che un”amica era stata sequestrata. Quando i poliziotti sono arrivati sul posto i rapitori erano naturalmente fuggiti. E la polizia irachena si è ben guardata dal raccogliere le testimonianze di coloro che avevano assistito al rapimento della giovane donna. Un”omertà nel caso della violenza sulle donne che accomuna occupanti e occupati, a loro volta responsabili di violenze, come nel caso denunciato. ‘

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