Barbe e tv. E la stessa miseria

Tra i nuovi arricchiti, si fa per dire, dalla pioggia di dollari che con i giornalisti sono piovuti su Kabul vi sono anche gli autisti e i traduttori, più o meno improvvistati, che hanno trovato miracolosamente un lavoro.

Barbe e tv. E la stessa miseria
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1 Dicembre 2001 - 11.52


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Tra i nuovi arricchiti, si fa per dire, dalla pioggia di dollari che con i giornalisti sono piovuti su Kabul vi sono anche gli autisti e i traduttori, più o meno improvvistati, che hanno trovato miracolosamente un lavoro. E ben pagato, soprattutto se il datore di lavoro è la Cnn o la Bbc. In una giornata riescono a portarsi a casa più dello stipendio mensile di chi lavora anche per una Organizzazione non governativa (ong) internazionale. E le prime manciate di dollari sono subito investite nel bene più ambito: televisione, videoregistratore e cassette di film e musica, oltre, naturalmente alle antenne paraboliche. Molti di loro hanno cominciato a passare le fredde serate davanti a un televisore per sorbirsi film indiani, americani, giapponesi, con sottotitoli e a volte anche senza. Effetto di cinque anni di regime dei taleban che avevano proibito la televisione, il cinema, la musica e qualsiasi espressione di creatività, persino gli aquiloni che ora i bambini tornano a far volare nel cielo di Kabul.Ieri, giorno di festa per i musulmani, tutti i negozi di televisiori che si affacciano proprio sulla via che porta alla moschea grande, la Pul-i-Khishti, erano presi d”assalto. Nella maggior parte era impossibile entrare, l”unico negoziante che ci ha dato ascolto è Haji Sahikhidad e solo perché era in attesa di nuovi rifornimenti dopo aver esaurito tutte le scorte di televisori e videoregistratori che arrivano soprattutto da Dubai. Mentre le paraboliche vengono fabbricate qui riciclando le lattine dell”olio per automobili, dell”acqua ragia o di altri prodotti simili. Un”antenna digitale costa poco più di 250 dollari (550.000 lire), poco meno, circa 240 dollari, un televisore da 14 pollici. I videoregistratori si trovano anche di seconda mano a poco più di cento dollari, mentre i Dvd costano l”equivalente di 7.000 lire e i Cd 4.000. Ai tempi dei taleban Haji Sahikhidad poteva vendere solo radiocassette (che costano circa 50.000 lire), di cui ha pieno il negozio ma che ora non vende più, mentre allora i televisori, fatti entrare clandestinamente dall”Iran, venivano venduti sottobanco. C”era anche chi aveva l”antenna parabolica, ma era molto rischioso. La maggiore fonte di informazione, allora come oggi, resta la Bbc che, come la Voice of America, ha anche trasmissioni in dari e pashtun. E chi non ha soldi si deve accontentare delle foto di prosperose e scollacciate attrici indiane, anch”esse una novità nel mercato afghano, vendute davanti al negozio di televisiori a 1.000 afghani (60 lire) l”una.Da una decina di giorni ha riaperto i battenti anche la televisione afghana, per ora con quattro ore di trasmissione al giorno, dalle 18 alle 22. L”apertura è riservata ai versetti del Corano, seguiti da un programma per i bambini, poi i due notiziari in dari e pashtun letti da quattro speaker, di cui due donne, Jamila Mujahid e Lida. Dopo i notiziari alternativamente dibattiti, film e serial. Il freddo palazzo della radio e della televisone – dove solo di recente sono stati rimessi i vetri e che durante il regime dei taleban ospitava solo radio Shariat – è ancora deserto. Dietro una porta chiusa a chiave ci sono gli archivi, conservati anche dai taleban, dopo una prima sfuriata di fanatismo che li aveva portati a bruciare le pizze dei film e ad appendere ai lampioni della luce i nastri di musica, come ricorda Nowsherwan – che da 36 anni fa il guardiano del palazzo, fin da quando c”era il re, e ricorda con nostalgia solo i tempi di Najibullah.Secondo alcune fonti vicine ai taleban, alcuni esponenti del deposto regime avrebbero voluto riaprire la televisione, ma vi si sarebbero opposti alcuni mullah, tra cui la guida spirituale, mullah Omar. Una delle tante contraddizioni del regime oscurantista degli ex-studenti di teologia.All”epoca dei taleban, ci racconta Mohammed Ahmed – un barbiere che, da quando sono fuggiti i taleban, ha il negozio sempre zeppo di clienti – i miliziani del Ministero per la promozione del virtù e la prevenzione del vizio, che imponevano a tutti barba lunga e un taglio di capelli ogni tre mesi, andavano dal parrucchiere anche una volta la settimana. Oltre a tagliare i capelli tutti si stanno accorciando sempre di più la barba. Perché non la tagliano? “Perché dopo cinque anni di barba lunga, la pelle del viso non è più abituata al sole quindi bisogna abituarla gradualmente, mi risponde un giovane avventore e assicura: mi raderò completamente alla fine del mese di Ramandan”. Mentre Mohammed Ahmed mostra soddisfatto il suo viso già completamente rasato.Attraversando il bazar notiamo con soddisfazione che i negozi di burqa sono deserti, uno dei negozianti ci conferma che le vendite dell”intollerabile velo è diminuita ma non di molto: “prima ne vendevo 35/40 al giorno, ora 25/30″ e comunque attribuisce il calo al Ramadan e non al cambiamento in corso.Se c”è chi si arricchisce in questa situazione, c”è anche chi sta sempre peggio. Soprattutto dopo l”attentato alle torri e i successivi bombardamenti americani che hanno interrotto l”arrivo degli aiuti. Molti profughi provenienti dal nord, sistemati alla meglio vicino all”aeroporto, durante i bombardamenti hanno perso anche quel poco che avevano. Molti di loro, tra i quali molte vedove, li abbiamo trovati in fila in attesa della distribuzione degli aiuti organizzata in questi giorni dall”Alto commissariato delle Nazioni unite per i profughi (Unhcr).Zarghuna, 38 anni, ha perso il marito, un mujahidin ucciso dagli uomini di Najibullah, tredici anni fa, quando combatteva la “guerra santa” a fianco di Hekmatyar. Ha quattro figli, ma con lei vivono anche i genitori e per mantenerli è costretta ad andare a lavare i panni presso le famiglie o ad assistere a qualche parto. Fa parte di quelle famiglie di sette membri tra le più bisognose schedate dall”Unhcr per la distribuzione di aiuti per far fronte al rigido inverno, che è ormai cominciato.Il pacchetto comprende: 2 coperte di lana, 5 maglie, 1 set per cucina, 1 stufa per riscaldamento, 1 stufa per cucinare, un telo di plastica, 1 tanica e due sacchi di carbone, più il trasporto. A beneficiare di questi aiuti saranno complessivamente 1.500 famiglie per un totale di 10.000 persone, ci spiega il portavoce dell”Unhcr, Yusuf Hassan. Mentre il World food programme dovrebbe fornire il cibo. Ma molti altri hanno bisogno di aiuto a Kabul. Basta passare davanti ai vari organismi internazionali o davanti le moschee per vedere le code di mendicanti, soprattutto donne, che chiedono l”elemosina. Molti altri si accalcano invece nei luoghi dove sanno che verso sera qualche ricco distribuirà qualche pezzo di pane in omaggio al mese del Ramadan.’

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